Fornovo 2013: naturale e rustico (troppo?)

Come ogni anno da dodici a questa parte, a cavallo dello scorso weekend Fornovo ha ospitato una delle manifestazioni più note dell’enomondo italico, “Vini di Vignaioli – Vins de Vignerons“, non solo banchi di assaggio ma anche dibattiti, presentazioni eccetera.
La ragione sociale dell’evento dice tutto: si parla di vini veri, naturali, con tutto il casino che questa denominazione non ufficiale si porta appresso (mancanza non solo di un disciplinare ma persino di una definizione condivisa, molteplicità di associazioni in contrasto l’una con l’altra, confusione dei consumatori), ma anche con tutto l’appeal che la  patente di naturalità suscita ormai nel pubblico sia degli appassionati  generici che in quelli più hardcore.
La parte di titolo in francese completa la definizione: non sono presenti solo produttori italiani ma anche stranieri: francesi in particolare, ma anche sloveni, greci e georgiani.

La recente ventata di naturalità, di attenzione al biologico e di avvicinamento al biodinamico in pochi anni ha traghettato l’attenzione ai temi del biologico e biodinamico dai ristretti circuiti di carbonari fino alla massa dei consumatori, e manifestazioni come questa di Fornovo sono ormai meta di una massa significativa di partecipanti, al di qua e al di là del banco. Il risultato netto è che l’evento è arrivato a disporre di una quantità di proposte di assaggio da capogiro (si parla di oltre un centinaio di vignaioli presenti con varie referenze ciascuno), con una affluenza di pubblico ovviamente direttamente proporzionale.

Fornovo
Coda all’ingresso alle 11

Peccato che Fornovo non sia cresciuta allo stesso modo per quanto riguarda l’organizzazione: non ho idea di cosa sia accaduto gli altri giorni, ma domenica mattina alle 11 c’era già coda all’ingresso e la situazione era poco sostenibile dal punto di vista degli spazi interni, con difficoltà notevoli nello spostarsi da un banco all’altro e ben poche possibilità di parlare decentemente con il produttore senza alzare la voce.
I bicchieri forniti puzzavano, e per sciacquarli dopo le degustazioni (e per permettere la pulizia della bocca del pubblico) gli espositori avevano in dotazione minuscole brocche di acqua di rubinetto (non del tutto inodore), peraltro vuote in pochi istanti; ça va sans dire, non potevano mancare in terra i soliti pittoreschi secchi al posto delle comuni sputacchiere; del tutto assenti grissini e pane.
L’area esterna, che avrebbe dovuto fungere da spazio di “decompressione” e dar modo di mangiare qualcosa con un  minimo di calma, alle 13 aveva ancora le panche accatastate l’una sopra l’altra, inutilizzabili, e in ogni caso presentava ben poche zone coperte (e a novembre, si sa, di solito piove).

Fornovo
Folla all’interno alle 12

Sempre in considerazione della stagione e dell’inevitabile corollario di freddo e pioggia, non sarebbe male prevedere un servizio di guardaroba (a pagamento, per carità), in modo da poter depositare giacche e ombrelli, permettendo così di muoversi con maggiore libertà e senza morire di caldo.

Quanto sopra potrebbe non costituire motivo di lamentela per un evento di recente organizzazione e di limitate risorse, ma di sicuro è rilevante per una circostanza che si ripete da dodici anni, che chiede un biglietto di ingresso di 12 euro (più un euro per il pieghevole con l’elenco degli espositori, che peraltro è appunto un mero elenco, senza indicazione delle referenze presenti e senza una mappa dei banchi per facilitare il percorso! Dai, almeno fate un pdf e mettetelo sul sito…) e che può vantare varie sponsorizzazioni (leggo sul sito: Comune di Fornovo, Provincia di Parma, Regione, Pro Loco di Fronovo e altre sei aziende).

Lamentele logistiche a parte, luci ed ombre anche per quanto riguarda i vini proposti, visto che in più di una occasione si è trovata qualche bottiglia decisamente sgraziata, dove il concetto di “naturalità” non è ancora in accordo con quello di qualità.
Qualche appunto più o meno a caso riferito alle poche cose che ricordo: piccola delusione i due Alsaziani, Bannwarth e Paul Humbrecht: del primo ho trovato piacevole il Cremant (ad ottimo prezzo) e poco altro, e il secondo mi ha lasciato indifferente, mentre lo scorso anno aveva ottimi Pinot Gris e Gewurztraminer.
Molte riserve sugli champagne presentati da Boulard: interessante e personale il Vieilles Vignes e il Les Rachais 2007, ma i prezzi mi sembrano poco competitivi.
Piacevoli (e di prezzo abbordabile) gli Chenin di Loira di Bertrand Jousset: mi piacerebbe riassaggiarli con più calma e magari con qualche anno in più.
Sempre bene Maule, con una bella vendemmia tardiva di Garganega oltre ai “soliti” Masieri e Sassaia ; estremamente territoriali, sapidi, complessi di vini di Princic e Montinar; facilità e scorrevolezza di beva inconsueti per i rossi di Arianna Occhipinti (SP68 e Siccagno, peccato mancasse il Frappato); i miei soliti dubbi su Il Pendio: ne sento sempre parlare benissimo, lo incontro solo in qualche manifestazione quindi l’assaggio è giocoforza poco approfondito, e ogni volta ne ho la stessa impressione di vino ben fatto, piacevole ma nulla più.

Arrivederci all’anno prossimo, Fornovo, confidando nella solita naturalità ma magari in un pizzico di pittoresca rusticità in meno…

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