Denominazione: DOC Collio
Vino: Oslavje
Azienda: Radikon
Anno: 1997
Prezzo: 30 euro
Oggi che è di moda parlare di vino naturale, biologico, biodinamico eccetera, sorge il sospetto che molti produttori che si avvicinano a queste metodologie lo facciano non tanto per convinzione, quanto per il (legittimo, per carità) intento commerciale di cavalcare l’onda.
Di certo, quanto sopra non si può neppure lontanamente immaginare per una azienda come Radikon, che già dal 1995 ha deciso di radicalizzare il proprio metodo lavorativo sia in vigna che in cantina: ecco dunque il rifiuto di concimi chimici, rese bassissime nel vigneto, vendemmia manuale, fermentazione con soli lieviti autoctoni e senza controllo della temperatura, macerazioni molto lunghe (anche per i vini bianchi), nessuna filtrazione e nessuna aggiunta di solforosa; su questa base, Stanislao Radikon ha poi modificato e affinato il processo, ad esempio variando anche notevolmente il tempo di permanenza sulle bucce.
Ne risultano vini certamente particolari e senza compromessi, che se oggi, dopo anni di discussione e di allenamento ai “vini naturali”, possono forse essere compresi con relativa facilità, immagino dovessero essere un bel rebus per il consumatore di quindici anni fa.
Mi sono quindi approcciato con estrema curiosità a questo Oslavje 1997, un uvaggio di Pinot Grigio, Chardonnay e Sauvignon: in sostanza, ho bevuto un vino bianco vecchio di quindici anni, prodotto senza un grammo di solforosa aggiunta.
Ok, ma alla fine come è questo vino?
Visivamente, è giallo dorato quasi ambra, di una certa densità.
Olfattivamente trovo miele, fichi, frutta secca, smalto, vernice e una leggera volatile; certo ci sono grandi complessità e intensità. e gli aromi cambiano con il passare dei minuti, avvicinandosi ora più al terziario (etereo), ora più alla albicocca disidratata, e poi tirando fuori anche qualche timido accenno floreale e di incenso.
In bocca entra secchissimo, curiosamente liscio e fluido (mi aspettavo un sorso decisamente più pieno), poi avvolge con calore e spiazza: data la volatile avvertibile al naso immaginavo una forte acidità, mentre invece le parti dure sono date principalmente dalla enorme sapidità; scendendo in gola traccia con il calore, poi è lunghissimo e lascia salivare la bocca per minuti a causa della sapidità.
Alla fine, mi piace?
Sì, intriga e lascia la voglia di poter affrontare una verticale di varie annate, che immagino sarebbe interessantissima.
Posso parlare di un prodotto estremamente personale e sicuramente diverso dalla maggior parte delle bevute “normali”, che divide e spiazza, e che forse risulta “difficile” non tanto nella degustazione, quanto per la complessità di abbinamento: viene da pensare che si tratti di un vino da bere da solo, o al massimo da abbinare a formaggi stagionati.
Bel post, grande bottiglia. È stato con un certo rammarico che io invece proprio qualche giorno fa mi sono imbattuto in una Ribolla gialla 1997 che aveva perso gran parte del suo fascino. Ma in fondo va così, è vino più grasso e di maggior peso, raramente capace di raggiungere la splendida reattività dell’Oslavje.
Grazie del commento Jacopo.
Per me era una prima, nel senso che ho bevuto qualcosa di Radikon ma mai una annata così lontana, e devo dire che sono rimasto molto colpito dalla capacità di sfidare il tempo mantenendo questo profilo dritto e fiero.
Ribadisco che la sapidità era mostruosa: dopo la bevuta le labbra restavano davvero salate.
Si, si. È proprio una caratteristica dell’Oslavje. Che vino, che vino pazzesco.