Brut Millesimato 2009, Monsupello

Torricella Verzate, Oltrepò Pavese: è qui che la famiglia Boiatti conduce i 55 ettari dell’azienda Monsupello, uno dei nomi storici del vino italiano, e una delle eccellenze della sua spumantistica.

Nella mia testa Monsupello occupa la stessa casellina in cui ho collocato Haderburg: il metodo classico italiano a prezzi civili che magari non arriva ai livelli monumentali di certi mostri storici d’oltralpe ma neppure delude mai, insomma il lido cui approdare quando si è in cerca di sicurezze piuttosto che di avventure, e se ogni tanto mi capita di assaggiare il Brut “base”, ammetto che da un bel po’ di tempo mancavo l’appuntamento con il millesimato, in questo caso targato vendemmia 2009, quindi una volta avvistatolo non potevo non portarlo a casa.

Bottiglia dalla etichetta sobria e vagamente retrò, e vino a base pinot nero (90%), con piccolo saldo di chardonnay. La metodologia di produzione dichiarata è quella dell’uso di mosto fiore, fermentato e affinato in acciaio; da qui l’assemblaggio dei vini e il tiraggio con la aggiunta di altro vino, zucchero e lieviti, l’imbottigliamento e il riposo sui lieviti per almeno 55 mesi. Si termina con la sboccatura e l’aggiunta del liqueur di spedizione.

monsupelloDenominazione: VSQ
Vino: Brut Millesimato
Azienda: Monsupello
Anno: 2009
Prezzo: 25 euro

Il bicchiere presenta un liquido paglierino carico con riflessi dorati e una bolla da manuale: finezza e copiosità di questo tipo le ho viste raramente, e la sensazione in bocca risulterà di conseguenza estremamente carezzevole.
L’olfattivo è in linea: delicatissimo di floreale bianco e frutta acerba. Molto aggraziato.

L’assaggio segna un ingresso succosissimo che prelude al resto del sorso sempre molto pieno, ricco di agrume e con accenni lievitosi. Bella freschezza ma soprattutto grande salinità, il tutto in ottimo equilibrio con l’alcol.
Non ho notizie del dosaggio, ma una certa morbidezza mi lascia pensare che non sia proprio leggerissimo, ma in ogni caso non si raggiungono livelli gustativamente eccessivi.
Corpo e lunghezza sono per nulla banali, e se un difetto proprio lo vogliamo trovare occorre cercarlo semmai in un finale lievemente amarognolo che stona un po’ nel contesto di grande eleganza del resto del vino.

Bottiglia certamente da pasto, e da abbinare a qualcosa di più robusto del classico antipasto di pesce, magari un bel risotto di mare o anche a carni bianche.

Il bello: naso fine e sorso succoso, bel corpo
Il meno bello: finale lievemente amarognolo

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