Dosaggio Zero, Andrea Arici

Continua la mia esplorazione delle bolle italiane; stavolta è il turno di una Franciacorta “piccola”, nel senso dei numeri: Arici non è certo uno dei giganti della denominazione ed è anche una azienda relativamente giovane, anche se ha una certa visibilità nel circuito degli appassionati.

Il produttore ha sede a Gussago ed ha la particolarità di essere l’unico Franciacortista a sfornare solo ed esclusivamente vini a dosaggio zero: una scelta coraggiosa, specchio di una precisa filosofia che con certi distinguo tutto sommato approvo e che mi pare stia pagando in termini di risultati qualitativi (e immagino anche economici, visto che questa tipologia è sempre più presente nei listini bresciani).

Andando al sodo: non mi era mai capitato di assaggiare il Dosaggio Zero, a parte forse in occasione di qualche manifestazione, quindi mi approccio alla bottiglia con una certa curiosità.

dosaggioZeroDenominazione: Franciacorta DOCG
Vino: Dosaggio Zero
Azienda: Andrea Arici
Anno: –
Prezzo: 21 euro

Assemblaggio al 100% di Chardonnay, 6 mesi in acciaio e poi 18-22 mesi sui lieviti.

Visivamente canonico: paglierino con qualche riflesso verdolino.
La bolla risulterà calibrata, poco invasiva e per nulla aggressiva.

L’olfattivo è esile, di crosta di pane, fiori bianchi, e con un leggero minerale declinato su ricordi affumicati. Interessante, se lasciato esprimere nel bicchiere per qualche minuto.

Ingresso secco, deciso, con calore ben presente. Ovviamente gli zuccheri residui sono completamente inavvertibili; al palato risulta fresco e soprattutto sapido, con finale di buona lunghezza nel quale prevale nettamente la mandorla.

Piacevole, ma trovo la combinazione della estrema secchezza con l’amaro della mandorla credo un po’ eccessiva: pur da amante dei vini diritti, immagino che un minimo di dosaggio forse potrebbe rendere meno estrema la bevuta, che così risulta davvero senza compromessi.

In ogni caso interessante e dotato di personalità e coraggio. Lo vedo più indicato in apertura di pasto, come aperitivo.

Il bello: vino coraggioso, senza compromessi. Grande sapidità
Il meno bello: un po’ squilibrato verso le durezze

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Franciacorta Dosaggio Zero, Faccoli

La famiglia Faccoli di Coccaglio è un produttore molto noto e celebrato tra le realtà di Franciacorta, che, come sempre più spesso capita in questi ultimi nella denominazione, ha deciso di mettere in commercio accanto al tradizionale Brut  anche un Dosaggio Zero.

Una piccola introduzione al Dosaggio Zero: fate riferimento a questo post per qualche dato un po’ più tecnico sulla categorizzazione in base al residuo zuccherino, ma parlando più in generale possiamo raccontare di una tipologia relativamente poco praticata, considerata (a torto o a ragione) esclusivamente gradita agli esperti a causa del suo profilo gustativo senza compromessi, affilato, perfino spigoloso a volte. Per amanti delle acidità estreme, insomma…
Ciò nonostante, sempre più aziende franciacortine mettono a catalogo una referenza di questo tipo, e normalmente si tratta del prodotto di punta della gamma: è solo il riflesso commerciale che accondiscende all’ennesima nicchia modaiola degli eno-fanatici o c’è altro?
Da amante delle bolle, con gusti decisamente orientati verso le durezze piuttosto estreme, ritengo il dosaggio zero un prodotto molto complicato: è facile farsi prendere la mano e sfornare l’ennesimo metodo classico sbilanciatissimo, che magari farà gridare al miracolo il piccolo manipolo degli hardcore fan, ma che poi sarà ben difficile da bere in scioltezza, e farà  altrettanta fatica a livello commerciale.

Credo esista anche un motivo più tecnico che spinge l’adozione della tipologia: l’ambiente pedoclimatico della Franciacorta nel suo complesso non è perfettamente ideale per il metodo classico, e non è un mistero che spesso si facciano vendemmie anticipate per preservare il giusto grado di acidità e per contenere la gradazione (ricordo che in Champagne la rifermentazione in bottiglia è necessaria, oltre che per la presa di spuma, anche per dare un piccolo spunto alcolico ad un vino base davvero povero di gradi).
In questo contesto, credo che portare le uve ad una maturazione più “normale”, procedendo con una lavorazione che preveda un dosaggio nettamente minore (in quanto non c’è necessità di mitigare un profilo gustativo tremendamente tagliente), possa essere una scelta oculata.
Certo, si tratta di un procedimento “senza rete”: il dosaggio zero lascia poco appello alle imperfezioni, che di sicuro possono essere mascherate da qualche goccia di liqueur d’expedition un po’ ruffiano…

dosaggio-zeroFaccoliDenominazione: Franciacorta DOCG
Vino: Dosaggio Zero
Azienda: Faccoli
Anno: –
Prezzo: 30 euro

I dati tecnici riportati sul sito parlano di una composizione di 70% chardonnay, 25% pinot bianco e 5% pinot nero e di 48 mesi sui lieviti. Non è specificato, ma non ho alcuna evidenza di passaggio in legno.

Lo dico subito: la bottiglia non mi ha convinto fino in fondo, anche in ragione del prezzo non propriamente abbordabile… (edit: vedo online prezzi di 2-4 euro inferiori a quanto ho sborsato io, sappiatevi regolare).

Il visivo è da manuale per un metodo classico: giallo paglierino con accenni verdolini, bolle fini, regolari, copiose.
Poi un olfattivo di buona intensità, ricco, piuttosto orientato verso le opulenze. Il frutto è maturo e lo sfondo è molto ricco di lieviti, forse anche troppo: i 48 mesi di affinamento sui lieviti mi pare lo marchino in maniera eccessiva, facendo perdere eleganza.

L’ingresso è robusto, netto, di grande intensità e calore. Le durezze ci sono, sapidità in particolare, ma sono fin troppo equilibrate dal senso generale di opulenza e di alcolicità. Alla cieca avrei battezzato una percentuale ben superiore di pinot nero.

Il dosaggio è effettivamente inavvertibile, e la lunghezza è buona.
Berrei ora senza attendere oltre: non ho l’impressione di future grandi evoluzioni in meglio…  Vino sicuramente da pasto, troppo robusto per aperitivi, ben fatto, ma non facile da bere, trovo che manchi della agilità che caratterizza elegantemente un metodo classico.

La sboccatura indicata è quella del secondo semestre 2013.

p.s.: Dopo alcune ore si è piuttosto ingentilito, mitigando la botta dei lieviti e avanzando qualche accento floreale assieme a richiami varietali del pinot bianco.
A questo punto ho azzardato lasciandone un po’ per il giorno seguente, ma il risultato non è stato esaltante, con una netta una nota vegetale ad appiattire la complessità aromatica

Il bello: dosaggio inavvertibile, buona lunghezza
Il meno bello: opulenza e pseudocalore avvertibili in modo robusto

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