Vorberg 2011, Cantina Terlano

Da tempo non lo ribevevo, ed era quindi il momento di un gusto ripasso per quello che (secondo me) è uno dei grandi vini bianchi d’Italia, oltretutto proposto ancora ad un prezzo abbordabile. Riecco quindi nel bicchiere il Vorberg di Cantina Terlano.
In una precedente degustazione l’annata 2010 mi aveva lasciato qualche dubbio, ed è proprio a quella scheda che rimando per alcuni accenni più generali sul produttore.

vorbergDenominazione: Alto Adige Terlano DOC
Vino: Vorberg
Azienda: Cantina Terlano
Anno: 2011
Prezzo: 20 euro

Molto bello a vedersi, paglierino luminosissimo con alcuni accenni dorati, anche olfattivamente non tradisce: finissimo e complesso, con un arcobaleno che parte dal melone, attraversando poi i classici sentori aggrumati, virare sul vegetale erbaceo e per il floreale fino a chiudere su una decisa nota minerale. Lasciandolo nel bicchiere arriva persino l’eco di caramella charms. Difficile far di meglio.

In bocca è accompagnato da freschezza netta senza essere tagliente, buoni calore e sapidità ed estremamente ampio ed intenso; ottimo equilibrio e lunghezza rimarchevole. C’è un lontano e appena accennato punto di amaro che pulisce e invoglia il sorso, ma non è il solito amaricante di mandorla a termine bicchiere, bensì curiosamente si presenta a metà bocca per poi lascia spazio (tenendolo a bada) al finale giustamente aromatico: sorso largo senza tema di opulenza.

Vino di grande versatilità: dal ricco aperitivo fino all’acompagnamento di formaggi di media struttura e all’abbinamento a piatti di buona complessità e millesimo capace ancora di grandi soddisfazioni in futuro.

Il bello: elegantissimo e complesso olfattivamente,

Il meno bello:  forse un pizzico di acidità in più…

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VorbergDenominazione: Alto Adige Terlano DOC
Vino: Vorberg
Azienda: Cantina Terlano
Anno: – 2009
Prezzo: 17 euro

Pochi accenni per un vino che teoricamente aveva tutte le carte in regola per entusiasmarmi (bianco del nord, ottiene sempre ottime recensioni e proviene da una cantina che lavora costantemente bene e mantiene prezzi civili), e che invece mi ha lasciato con qualche (piccolo) dubbio.

Poco da dire su Cantina Terlano, se non che è uno degli esempi virtuosi di cantina sociale: fondazione a fine 1800, numerosissimi soci che forniscono uva per oltre un milione di bottiglie di varia tipologie (tutte DOC, al 70% vini bianchi), e un ventaglio di proposte dalle più semplici fino alle rarità di proposte in occasione di annate particolari.

Questo Vorberg è vinificato al 100% con uve di pinot bianco provenienti dall’omonimo cru posizionato tra 350 e 900 metri di quota; fermentazione, malolattica e affinamento svolti in legno grande.
Si comincia: vino molto bello alla vista, giallo paglierino squillante. Olfattivo ricco, intenso e complesso, principalmente frutta (melone, agrume, ananas), poi i fiori di camomilla e un accenno di minerale.

In bocca è molto pieno, grasso, robusto; azzarderei persino burroso ed opulento, certamente non coerente con un naso decisamente più fresco ed elegante.
Caldo, molto più sapido che fresco; i 13,5 gradi dichiarati si sentono tutti. In sostanza: il varietale del vitigno c’è, ma ancora di più si avvertono potenza e lunghezza.

Ovviamente non posso dire che non mi piaccia, ma la bevuta non è irresistibile come avrei immaginato: è un vino fatto molto bene e che ambisce ad una certa importanza, ma gli trovo il limite (perlomeno in questo momento evolutivo) di essere parzialmente irrisoluto tra un anima fresca e una volontà di struttura.
Lo riproverei con qualche manciata di mesi in più di cantina, e non escludo di averlo “preso male” io, magari partendo da aspettative sbagliate, o anche di aver incontrato una bottiglia un poco carente in freschezza.

Per quanto sopra, consiglio di consumarlo in abbinamento a preparazioni un minimo elaborate: non è il classico pinot bianco profumato da aperitivo.

 

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Slow Wine Torino: gli assaggi

Torno brevemente a parlare di Slow Wine per lasciare qualche accenno sugli assaggi.

Come detto in precedenza, queste manifestazioni con centinaia di prodotti, molti tra i quali blasonatissimi e di gran nome, sono certamente interessanti ma ricadono in quella categoria che io chiamo “drink-porn”: assaggi una catasta di roba (ovvio, hai pagato e “puoi fare tutto”), ma non c’è sentimento: come fai ad immedesimarti in un vino, a decidere se sarà piacevolmente accompagnato da un cibo e da quale cibo, se si tratta di una bottiglia che gradiresti avere a tavola con gli amici o da solo in una serata speciale o quotidiana… insomma, come fai a capire tutte queste cose semplicemente con una sorsata e uno sputo?

Detto questo, il drink-porn ha il suo innegabile fascino: ti levi la voglia di provare vini che non potrai mai (o quasi) permetterti e poi curiosare bottiglie che non trovi dalle tue parti; quindi andiamo a incominciare, avvertendo che trascriverò solo le note dei prodotti che più mi hanno colpito, in positivo o negativo e che lascerò solo qualche accenno (niente descrittori psichedelici o fiumi di parole: se lo trovo spesso eccessivo nel caso di degustazioni ragionate, figurarsi in queste occasioni da una botta e via).

Appena arrivato, molti dei vini sono caldi (una roba da vergogna per una presentazione di questo tipo), quindi devo stravolgere il percorso che avevo previsto, vagando con poca logica per almeno i primi trenta minuti.

Grande Radikonlo Slatnik 2010 ha uno spettro olfattivo di ottima complessità ed eleganza, mentre la Ribolla Gialla 2004 è un vero monumento di sapidità, mineralità e speziatura. Grandissimo vino.

Di Trentino e Alto Adige scelgo Cantina Terlano: mi impressiona la potenza e la struttura dello Chardonnay 1999.
Resto perplesso invece con il Filii di Pojer & Sandri, che mi viene presentato come un tentativo italiano di avvicinarsi a certi riesling della Mosella (bassa gradazione, freschezza e profumi): non mi convince per la risicatezza del corpo e per la eccessiva semplicità

Ferrari: pazzesco il Trento Brut Giulio Ferrari Riserva del Fondatore. In carta era scritto 2002, ma mi pare di ricordare che in realtà fosse presente il 2005. Poco importa: uno spumante che non avevo mai assaggiato è che ha davvero cambiato il modo in cui guardo  questa cantina: bolla delicatissima e cremosa, complessità e finezza olfattiva (pasticceria, floreale), corpo ben presente ma per nulla pesante.

Il problema è proprio Ferrari: dopo il Giulio ho fatto il giro dei Franciacorta (i vari blasonatissimi Cavalleri, Cà del Bosco, Bellavista), che, pur nella loro piacevolezza, sono sembrati letteralmente sbiaditi nel confronto.

Chiudo i bianchi con un grande vino: il Trebbiano d’Abruzzo 2007 di Valentini: potente e complesso, con meravigliosi accenni di idrocarburo.

Per i rossi mi piace ricordare il Primitivo di Manduria Es 2010 di Gianfranco Fino, molto discusso in questi ultimi due anni e che non avevo mai assaggiato. Mi ha colpito come un vinone da 16,5 gradi (!), bellissimo da vedersi, possa restare fine, facilmente bevibile e continuare a rivelare ampiezza di sentori.

Passo in Sicilia, e ritrovo il miracolo di Arianna Occhipinti: il suo Frappato 2010 è il rosso dalla bevuta più coinvolgente che io conosca, e pensare che un vino così sfaccettato e delicato provenga dal caldo sud, lo rende ancora più intrigante.

 

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