Festival Franciacorta Genova 2014

FranciacortaAll’ingresso ti danno il libricino, che oltre a tutti i dati sul Franciacorta, dagli uvaggi, al metodo di produzione, passando per tipologie e modi di consumo, riserva una pagina per ciascuno dei 32 produttori, divisa equamente a metà per ognuno dei due vini in degustazione, con nome, millesimo e uvaggio e lo spazio per annotare le impressioni.

Ecco, quello che più colpisce del Festival Franciacorta (alla sua prima edizione a Genova) è la cura nei dettagli: quella sopra raccontata è una comodità impagabile nelle sessioni di degustazione delle varie manifestazioni, occasioni in cui hai il bicchiere in una mano, la giacca nell’altra, qualche depliant sotto l’ascella, la penna dietro l’orecchio eccetera, e per prendere un appunto devi fare i contorsionismi da fachiro indiano alcolizzato.

Le altre carinerie nei confronti dei visitatori vanno dalla brochure in formato sia cartaceo che elettronico (su chiavetta usb), al gadget portachiavi, dalla location spaziosa e luminosa (i Magazzini del Cotone presso il Porto Antico, dove si svolge solitamente anche Terroir Vino) al catering semplice ma appetitoso, dalla ricca fornitura di acqua in bottigliette ai banchi di assaggio ciascuno con la presenza del produttore e di un sommelier qualificato con tanto di termometro per verificare la temperatura di servizio.
Difficile chiedere di meglio per 15 euro di ingresso (10 per i soci AIS, Fisar, ONAV ecc.)! Il confronto con la mia visita a Vinum di pochi giorni prima è davvero impietoso…

Franciacorta

Per un appassionato di bollicine come il sottoscritto è stato un pomeriggio di festa più che di analisi degustative, inoltre, giocando in casa, ho avuto modo di incontrare tanti volti noti, sia tra il pubblico che tra i colleghi sommelier al servizio; mi limito a qualche nota veloce e sparsa sulle cose più interessanti.
Non posso non iniziare da Bersi Serlini: la signora Chiara mi ha accolto come sempre in maniera splendida e mi ha fatto assaggiare un nuovo prodotto che ho gradito molto per freschezza, vivacità o originalità: il Brut Anteprima, dalla vivacità spiccata declinata in una mela verde croccantissima. Un bidone intero per l’estate, please.

Sarebbe facile parlare bene dell’Annamaria Clementi Riserva 2005 di Cà del Bosco, così come del Pas Operè 2007 di Bellavista, ma anche inutile, vista la fama.
Preferisco quindi spendere due righe per qualche outsider (perlomeno per me) come Chiara Ziliani, che sia nel Brut che nel Saten mostrava due vini con piacevoli ed intensi accenti di lievito, il Rosé di Cortebianca, strutturato e selvatico, la delicatezza floreale del Saten 2010 de Il Mosnel, la personalità e la buona persistenza del Demetra Brut di Mirabella, la unicità dei sentori di pesca bianca del Saten di Montenisa, la verticalità carica e decisa del Brut 2009 di Vezzoli.

Piccole delusioni: Uberti, con qualche sentore scomposto sia nel Brut Francesco I che nel Comari del Salem, e Monterossa, che mi è sembrato un po’ grossolano in entrambi i vini. Spero di cambiare le mie impressioni con un prossimo assaggio.

Impressioni finali: buona qualità media, un po’ troppi vini certamente ben fatti ma senza una personalità spiccata, ma c’erano 62 prodotti in degustazione e di certo un non esperto come il sottoscritto a metà batteria inizia a perdere le capacità palatali e un po’ di concentrazione.

Che dire, se non i complimenti per la superba organizzazione e la speranza di rivedere il Festival Franciacorta dalle mie parti anche il prossimo anno (o anche prima: non mettiamo limiti alla provvidenza). Se la manifestazione fa tappa dalle vostre parti, non fatevi sfuggire l’occasione.

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Bersi Serlini

Capita talvolta che l’essere appassionato di questo strano mondo del vino riservi sorprese e curiosità.
Bersi SerliniIl prologo: lo scorso mese ricevo un cortese invito da Bersi Serlini per partecipare al Festival Franciacorta, roba che per un malato di bollicine come il sottoscritto è come scodellare un vasetto di miele davanti a un orso appena risvegliato dal letargo, ma purtroppo a causa di un precedente impegno devo declinare.

Prima sorpresa: mi dicono che non c’è problema e che possiamo concordare un’altra data; beh, lo scorso week-end era “l’altra data”, e quanto segue è la cronaca di un appuntamento che si è rivelato ben diverso da quanto avevo immaginato.

Bersi Serlini

L’antefatto: ero già stato in Franciacorta e ne avevo ricavato impressioni contrastanti; il territorio non mi era sembrato entusiasmante dal punto di vista paesaggistico e, al giudizio sommario di un profano, forse in alcuni casi non del tutto ideale per la viticultura di altissima qualità.

D’altro canto avevo recepito netta l’idea di una zona gestita da produttori alacri, fattivi, sempre estremamente professionali, e infatti il miracolo Franciacorta (una zona vinicola che dal sostanziale anonimato raggiunge l’assoluto protagonismo in Italia e nel mondo nel breve volgere di circa 40 anni) non nasce certo per caso, ma grazie a notevolissimi sforzi imprenditoriali, credo unici in Italia per il settore specifico.

Bersi Serlini

Visitando aziende di varie dimensioni, avevo anche notato in molti casi (non tutti,ovviamente) una certa propensione al lusso, allo sfarzo, alla grandeur un po’ “Milano da bere” che, se ovviamente ben si adatta al marketing internazionale, poco si accorda con la ventata di attenzione alla territorialità e naturalità che soffia attualmente tra gli appassionati.

E, non da ultimo, ammetto di avere a volte qualche riserva sul rapporto qualità-prezzo dei prodotti Franciacorta di fascia base e media, quelli che poi sono destinati alla gran parte di noi comuni mortali.

Bersi Serlini

Date queste premesse, e non conoscendo nulla di Bersi Serlini (che nelle enoteche della mia zona non è attualmente reperibile) se non per quanto riportato da un sito internet francamente demodé e poco ricco di informazioni (ma mi dicono sia in dirittura d’arrivo una ristrutturazione totale), e non lo nascondo, temendo vagamente che il doppio cognome fosse foriero di pretenziose ostentazioni di quarti Bersi Serlininobiliari, mi sono avvicinato a Provaglio d’Iseo con un certo scetticismo: normalmente chiedo appuntamenti ad aziende ben più piccole, sperando di avere un contatto reale con il produttore e potendo quindi dare un senso alla visita, non riducendola ad un banale tour tra i fermentatori condito da assaggi e sputacchiate.

Bersi Serlini

Come scrivevo all’inizio, a volte le sorprese accadono e magari anche più di una nella stessa giornata; la prima è che al mio arrivo ho trascorso diverse ore non con un addetto alla comunicazione, ma direttamente con la disponibilissima patron, Chiara Bersi Serlini, che si è rivelata persona semplice e alla mano, oltre che visibilmente appassionata del suo lavoro ed estremamente comunicativa.

Bersi Serlini

 

Chiara ha fatto iniziare la visita con un inusuale quanto piacevole sopralluogo dei 30 ettari di vigne a bordo di una auto elettrica, e subito ho avuto la seconda sorpresa: i filari che circondano la cantina lambiscono la riserva naturale Torbiere, una sorta di affascinante propaggine del lago d’Iseo ricca di fauna, piacevolmente selvaggia e silenziosa.

Abbiamo proseguito visitando il complesso antistante la cantina, articolato sulla base di una costruzione vecchia di mille anni, valorizzata da una sapiente illuminazione e recentemente ristrutturata e adibita a foresteria e salone per ricevimenti e congressi.

Bersi Serlini

Bersi Serlini

La cantina, molto di impatto come facilmente immaginabile, per fortuna non tradisce eccessive velleità coreografiche; il processo di vinificazione è tradizionale: raccolta manuale delle uve (principalmente Chardonnay, ma anche Pinot bianco e Pinot nero) in piccole cassette e rapido trasporto in cantina, facilitati dalla adiacenza delle vigne.

Bersi SerliniPoi pressatura soffice, temperature controllate e lieviti selezionati, solforosa in dosi minime, in molti casi passaggio in botte piccola e quindi imbottigliamento. Curiosamente, visto il numero di bottiglie prodotte, il remuage è manuale.Bersi Serlini

 

Gli assaggi sono stati un esempio da manuale di quello che ogni appassionato vorrebbe trovare in queste occasioni: le bottiglie sono state stappate tutte appositamente per me, servite e commentate dalla titolare della azienda, e accompagnate con taglieri colmi di ottimi affettati, parmigiano e grissini! Davvero impossibile chiedere di meglio.
Bersi SerliniChi mi segue sa che non sono troppo amico delle descrizioni immaginifiche applicate alla degustazione, e che, per quanto mi diverta nelle occasioni di assaggio seriale, ho grossi dubbi sulla validità e replicabilità delle informazioni che se ne traggono, e che per questo mi limito a qualche impressione su quello che mi colpisce maggiormente, senza la pretesa di avere giudizi oggettivi da spendere.
In generale mi è parso di riuscire a cogliere una filosofia aziendale riconoscibile in tutta la linea di prodotto: grande classicità di gusto, pulizia ed equilibrio millimetrico dei vini, senza eccessi di morbidezza da dosaggio o acidità sparate a mille, uso della botte piccola praticamente inavvertibile, sentori di panificazione tipici della permanenza sui lieviti estremamente delicati, e soprattutto assenza di finale amarognolo pronunciato, che è una delle caratteristiche che meno amo nei metodo classico, in quanto trovo si rinforzi con la durezza delle bollicine e spesso sfoci in un risultato poco piacevole.

Trascrivo qualche appunto preso in diretta durante gli assaggi:

  • Brut 50 Anniversario:
    100% Chardonnay, 24 mesi sui lieviti. Paglierino verdolino, perlage finissimo, fragrante, al naso nettissima mela verde.
    Semplice e fresco, valida alternativa ad un banale charmat come aperitivo
  • Satèn:
    Chardonnay 100%, 30 mesi sui lieviti. Paglierino, perlage leggermente più grande rispetto al precedente. Mi ha colpito per assenza di ruffianerie a volte tipiche dello stile. Intenso, ricco, frutta matura e leggero anice.
    Davvero piacevole.
  • Brut Cuvée 4, 2008:
    Chardonnay 100% dai 4 vigneti più vecchi, 48 mesi sui lieviti. Giallo dorato, bolla estremamente fine, molto morbida in bocca, naso molto intenso e complesso, fiori bianchi, leggera speziatura, frutta matura.
    Già così molto interessante, voglio risentirlo tendolo con calma nel bicchiere: mi sembrava evolversi in maniera notevole
  • Brut:
    80% Chardonnay, 20% Pinot bianco, 20 mesi sui lieviti. Paglierino verdolino, bolla fine e continua, naso abbastanza intenso e piacevole, floreale.
    Forse il vino che mi ha colpito meno
  • Extra Brut Riserva 2004:
    Chardonnay 70%, Pinot bianco 30%, 84 mesi sui lieviti. Paglierino carico, bolla copiosa e continua, fine. Olfattivo inizialmente troppo lieve, occorre attendere qualche  minuto per ottenere ricchezza di panificazione e frutta secca. Bocca straordinariamente piena, intensa, lunga.
    Il vino che ho sicuramente preferito.
  • Brut Cuvée Rosé:
    Chardonnay 70%, Pinot nero 30%, 24 mesi sui lieviti. Colore rosa timido, bolla fine, olfattivamente robusto, si distingue netto il Pinot nero. Di buona potenza in bocca, forse un po’ monocorde. Un buon prodotto non del tutto compiuto: forse un affinamento più prolungato potrebbe regalare maggiore complessità?

Bersi SerliniHo colpevolmente saltato il Demi Sec, che peraltro mi era stato lasciato in fresco in camera per assaggiarlo dopo la cena, ma francamente dopo aver bevuto anche a pasto (consumato presso l’Hostaria Uva Rara di Monticelli Brusati, magari ne parlerò in un altro post) lo avrei aperto per berne solo un sorso e mi sembrava davvero uno spreco!

In conclusione, ho scoperto una Franciacorta diversa, paesaggisticamente più gradevole e naturale, e una azienda condotta con grande umanità ma altrettanta ambizione (posso solo immaginare lo sforzo legato alla comunicazione, se la gentilissima Chiara si è prodigata così tanto con me, signor nessuno), direi giustificata da una gamma di prodotti che ho trovato ben fatti con alcune punte di eccellenza. Non guasta il fatto che il listino prezzi mi sembra del tutto adeguato alla qualità, e compatibile con le mie tasche di consumatore medio.

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