L’esame da degustatore ONAF: gli appunti da lezioni e libro

Dunque, ho fatto il corso ONAF, sono diventato assaggiatore di formaggi e posso dirvi che (al netto del solito costo eccessivo per questo genere di hobby) le lezioni sono state tenute da docenti preparati e disponibili, il testo di riferimento è ben fatto e insomma, in generale, tutta la struttura del corso mi ha fatto una bella impressione.

Esattamente l’opposto di quello che mi è successo frequentando ben due livelli di corsi ONAS (assaggiatori di salumi), sui quali stenderei un velo pietoso per disorganizzazione e mancanza di professionalità.

Visto che nel terzo livello AIS si tratta di formaggio abbastanza estesamente (ma, almeno nel mio caso, con un po’ di confusione) ho deciso di inserire qui sul sito anche gli appunti relativi a questo alimento. Sono certo che possano essere una risorsa utile per chi prepara l’esame finale AIS.

Le avvertenze sono sempre le solite: il materiale è tratto dal testo ONAF e integrato da qualche mia ricerca. Pur avendo cercato di applicare la massima cura, non mi assumo responsabilità in caso di errori.

Si tratta appunto di riassunti con integrazioni ed elaborazioni, ma sono ovviamente pronto ad eliminare il materiale se coloro che hanno redatto i testi si sentissero in qualche modo usurpati dei loro diritti di copyright.

Se trovate imprecisioni sarei felice della segnalazione, in modo da poter correggere.

1 – Latte

Liquido bianco uniforme, torbido, secreto dalla ghiandola mammaria delle femmine dei mammiferi.

Il primo liquido prodotto dopo il parto è detto colostro, ricco di elementi utili alla risposta immunitaria. La resistenza batterica è dovuta al lisozima: le gammaglobuline presenti nel colostro inibiscono la coagulazione.

E’ un alimento molto deperibile, che si carica di batteri appena viene a contatto con superfici esterne.

  • La dicitura “latte” senza indicazioni ulteriori indica latte vaccino.
  • La stanchezza e la denutrizione dell’animale vanno a detrimento della qualità del formaggio
  • Un litro di latte = 1 Kg e 700 calorie
  • Diverse razze di mucca producono differenti latti.
  • Mediamente nel latte di vacca la resa nella produzione del formaggio è del 10%

Fattori di qualità del latte:

  • genetici
  • ambientali (razza, età, alimentazione, numero dei parti, allevamento ecc.)

1.1 – Composizione

  • acqua
  • zuccheri, il principale è il lattosio, un disaccaride con poca solubilità ed è la base della fermentazione lattica: i batteri lattici trasformano il glucosio in acido lattico.
    Non si troverà mai nel burro o nel formaggio, ma solo nei residui di lavorazione. La sensazione di acido lattico è più forte in formaggi giovani, poi ci si sposta verso il neutro e basico
  • proteine:
    • caseine (le principali proteine del latte)
    • proteine del siero (non coagulano e hanno funzione anticorpale)
  • sostanze minerali
  • vitamine: il foraggio verde arricchisce le vitamine
  • grassi: detti lipidi, sono sotto forma di globuli. Importanti i trigliceridi che nel processo di maturazione possono liberarsi (lipolisi). Quando si alterano causano irrancidimento.
    Sono di due tipi:
  • saturi (principalmente)
  • insaturi (aumentano con il foraggio verde)
Latte vaccino Latte ovino Latte caprino Latte bufalino
Acqua 86-88 % 80-83 % 85-88 % 80-84 %
Proteine 3-3,7 % 5,5-6,5 % 3,5-4,2 % 4,4-4,8 %
Grassi 3,4-4,4 % 6,5-7,7% 3,7-4,3 % 6-9 %
Zuccheri 4,8-5,2% 4,1-4,6% 4,3-4,7 % 4,7-4,9 %
Sali minerali 1% 1% <1 % <1 %
Vitamine tracce tracce tracce tracce
  • Il latte vaccino:
    • non permette rese in formaggio molto elevate
    • gli acidi grassi sono per la maggior parte a lunga catena, poco volatili, quindi le sensazioni aromatiche intense si sviluppano solo dopo lunga maturazione
    • l’alimentazione delle vacche incide sul colore dei formaggi
    • è debolmente acido (Ph 6,6 – 6,7)
    • ha densità di circa 1029-1033 g/ml. La scrematura toglie grassi, che sono meno densi degli altri componenti disciolti, quindi il latte scremato ha densità di 1035 g/ml
    • l’estratto secco (somma di tutte le sostanze disciolte esclusa l’acqua) è 120 – 140 g/l. L’estratto secco magro  esclude  il grasso.
    • il punto di congelamento permette di conoscere l’annacquamento del latte. Di norma è -0,5
  • Il latte ovino:
    • più concentrato (più del doppio di grasso e proteine rispetto al vaccino),
    • ha un residuo secco del 20%, molto maggiore rispetto a vaccino e caprino.
    • La resa è maggiore del vaccino: 15%.
    • La maggiore sensazione di dolcezza è dovuta ai grassi
    • Alta attitudine casearia dovuta alla quota di caseina
    • Per la coagulazione occorre più caglio, ma avviene più velocemente
    • Particolarmente sensibile ai micororganismi
    • Contiene poco beta-carotene: formaggi bianchi
    • Molti acidi grassi, intensi odori e sapori
    • Ha coagulo resistente
  • Il latte caprino
    • ha aromi molto intensi
    • è meno concentrato e la sensazione salata è data dall’acido glutammico
    • è il più povero di caseina
    • ha rese inferiori
    • ha coagulo di consistenza delicata
    • ha propensione alla coagulazione acida
    • contiene molti acidi grassi, che conferiscono il caratteristico sapore
    • è privo di caroteni, quindi il formaggio è bianco
    • la cagliata non sopporta alti riscaldamenti

1.2 – Trattamenti

Il latte per sua composizione favorisce la contaminazione microbiologiche ed è veicolo di malattie trasmissibili da animale ad uomo (zoonosi)

  • Scrematura: separa la parte grassa (panna) per centrifugazione a circa 55 gradi
  • Cottura: latte fresco o pastorizzato:
    • latte crudo: non è trattato termicamente, quindi presenta la flora batterica dell’allevamento
    • Termizzazione: 15 sec tra 57 e 60 gradi. Riduce la flora nativa del latte
  • Latte fresco pastorizzato: subisce un solo trattamento termico entro 48 ore dalla mungitura (72 gradi per 15 secondi)
    • Pastorizzazione bassa: si applica solo a latte a basso rischio di contaminazione, portandolo a 63 gradi per 30 minuti. Abbatte tutti i germi patogeni
    • Pastorizzazione rapida: temperatura di almeno 72 gradi per almeno 15 secondi. Abbatte tutti i germi patogeni
    • Trattamento UHT: ottiene latte a lunga conservazione portandolo a a 135 gradi per pochi secondi. Aumenta la conservabilità
    • Microfiltrazione: scrematura e microfiltrazione; pastorizzazione del grasso, ricostruzione e nuova pastorizzazione

1.3 – Razze da latte:

  • Frisona
  • Bruna
  • Simmental
  • Valdostana pezzata
  • Reggiana
  • Podolica

2 – Formaggio

Prodotto della coagulazione acida o presamica del latte (intero, parzialmente o totalmente scremato) o della crema di latte, facendo uso anche di fermenti e sale.

Il latte per la produzione  si ottiene da vacca, bufala, pecora, capra

2.1 – Caglio

E’ un composto di vari enzimi (tra cui la chimosina) in grado di sciogliere la k-caseina (proteina del latte) e di provocare la coagulazione delle altre caseine.
Il caglio può avere origine:

  • animale: estratto dallo stomaco di animali.
    Il migliore dal punto di vista qualitativo e l’unico permesso per i formaggi DOP
  • microbico: estratto da una muffa.
    Economico, ha minore attività proteolitica
  • vegetale: es. latte dell’albero del fico, estratto del cardo ecc.

L’attività coagulante o forza del caglio esprime la velocità di coagulazione del latte e deriva dalla concentrazione degli enzimi coagulanti (chimosina e pepsina).
La cagliata o giuncata è una massa gelatinosa e dalle dimensioni dei frammenti derivati dalla sua rottura si ottengono vari tipi di formaggio (molle, semiduro, duro).

2.2 – Produzione

  • movimentazione:
    il latte crudo arriva in caseificio
  • pastorizzazione
    (opzionale, ma opportuna per i formaggi freschi) e termizzazione del latte
  • standardizzazione del latte
    per equilibrare i vari componenti, es la modifica del contenuto di grasso (scrematura per affioramento), visto che il formaggio scremato non irrancidisce. Il grasso eliminato serve per fare il burro. Spesso in Italia si tratta il latte intero
  • sosta o maturazione del latte
    in modo da favorire la flora microbica, con parziale acidificazione e idratazione della caseina
  • lavorazione in caldaia
    riscaldamento alla temperatura ideale per la coagulazione (tra 20 e 40 gradi)
  • aggiunta dell’innesto
    nel caso di pastorizzazione occorre aggiungere batteri o fermenti
  • aggiunta del coagulante
    il caglio, animale, vegetale o microbico
  • coagulazione
    Si forma una rete proteica che ingloba in una massa gelatinosa detta cagliata il siero e gli altri costituenti.
    Le caseine tenderebbero naturalmente a riunirsi in aggregati detti micelle che intrappolano diverse sostanze. Ciò non avviene per due motivi:
  • a Ph naturale la loro carica elettrica è negativa, quindi si respingono
  • la presenza del colloidalprotettore della K-caseina

Quindi la coagulazione può avvenire per via::

    • acida: gli starter microbici fermentano il lattosio producendo acido lattico; ad un determinato livello di acidità, detto punto isoelettrico della caseina (Ph 4,6), si ha la demineralizzazione della caseina, la perdita della repulsione elettrica e  la coagulazione. E’ un coagulo morbido, usato per i formaggi freschi e molli
    • presamica: il caglio aggiunto al latte a temperatura di 30-37 gradi, causa il distacco del colloidalprotettore della k-caseina, conferendo alle micelle la capacità di aggregarsi.

I tipi di coagulazione sono dunque:

    • presamica: si ottiene una cagliata tenace ed elastica che spurga bene il siero e quindi produce formaggi a pasta semidura e dura,
    • acida: la cagliata è poco compatta.
    • acido-presamica
    • presamico-acida: la più comune. Inizia velocemente ed in gran parte per opera del caglio, poi termina grazie ai fermenti
  • taglio della cagliata
    la separazione della parte solida (cagliata) dai liquidi (siero)
  • lavorazione in caldaia
    agitazione e soste per favorire la sineresi (contrazione) o spurgo
  • cottura della cagliata
    processo opzionale, che favorisce l’uscita di siero e può essere svolto a varie temperature per ottenere:
  • formaggi a pasta cruda: non c’è riscaldamento della cagliata. Sono formaggi freschi a pasta molle e anche alcuni formaggi a pasta semidura e dura
  • formaggi a pasta semicotta: cottura a 42-48 gradi, sono in genere formaggi a pasta semidura
  • formaggi a pasta cotta: riscaldamento a 49-55 gradi. Si ottengono formaggi a pasta dura e destinati a lunghe stagionature

  • messa negli stampi
    la cagliata spurgata viene messa in stampi per la forma. Nel formaggi DOP le fascere impongono i marchi del consorzio
  • stufatura
    rivoltamenti e pressatura: tutte fasi opzionali che servono a rassodare la pasta
  • salagione
    può essere a secco (cospargendo il sale sulle superficie) o per immersione (salamoia). Causa la fuoriuscita di liquidi, formado la crosta
  • maturazione, stagionatura, affinatura
    La durata può variare da giorni ad anni, a temperature tra 5 e 20 gradi.
    Microorganisimi ed enzimi trasformano i grassi per lipolisi e le proteine per proteolisi. In questa fase le forme possono essere trattate in superficie con plastiche o resine per proteggere dalle muffe, oppure con olio, oppure affumicate, oppure spugnate con acqua e sale

 

2.3 – Microbiologia

Nella produzione del  formaggio interessano i batteri, i virus e le muffe.

Alcuni microorganismi sono utili, altri dannosi, altri ancora patogeni.

Si riproducono facilmente, date le condizioni ambientali adatte.

2.3.1 – Classificazione dei microorganismi:

  • per temperatura:
    • psicrofili: si sviluppano da 0 a 30
    • mesofili: da 10 a 45
    • termofili: da 40 a 65
    • termodurici: anche oltre 60
  • per presenza di ossigeno
    • aerobi obbligati
    • anaerobi obbligati
    • anaerobi facoltativi

I microorganismi possono essere:

  • caseari: sono gli agenti della trasformazione del latte in formaggio
  • anticaseari: ostacolano il processo di produzione del formaggio
  • patogeni: possono causare malattie nell’uomo
  • Microorganismi caseari:
    • batteri
      • lattici: termofili, mesofili, omolattici, eterolattici
      • propionici: producono acido propionico, acetico e CO2
    • eumiceti
      • lieviti: possono sviluppare gas per effetto della fermentazione alcolica; alcuni hanno elevata attività proteolitica e lipolitica, quindi maturano il formaggio
      • muffe: nella maggior parte dei casi non sono gradite; necessitano di aria, quindi si sviluppano in superficie; nei formaggi a crosta fiorita ed erborinati sono inoculate con colture selezionate. Svolgono attività lipolitica e proteolitica
  • Microorganismi anticaseari:
    • coliformi: fermentano il lattosio con produzione di gas. Provocano gonfiore precoce
    • sporigeni: producono acido butirrico
  • Microorganismi patogeni:
    • listeria
    • salmonella
    • escherichia coli

Fattori importanti:

  • Tempo: esposizioni prolungate a temperature più basse hanno medesimi effetti
  • Acqua: più il formaggio è umido, più proliferano i batteri (il sale conserva togliendo acqua)
  • PH: la trasformazione del latte in formaggio tende ad inibire la flora patogena per effetto della acidità e della stagionatura: i batteri si nutrono principalmente di zuccheri (lattosio), che trasformano in acido lattico (il ph seconde da quasi 7 fin sotto a 5), che acidifica e ferma lo sviluppo di batteri patogeni e anticaseari

2.3.2 – Fenomeni di fermentazione del latte

  • fermentazione omolattica: i batteri trasformano almeno il 90% del lattosio in acido lattico
  • fermentazione eterolattica: i batteri trasformano solo il 50% del lattosio in acido lattico, il restante in altri componenti, es.la produzione di CO2, etanolo ecc.
  • fermentazione alcolica: i lieviti trasformano l’acido piruvico in etanolo. Spesso causa gonfiore precoce
  • fermentazione propionica: è la produzione di acido proprionico, anidiride carbonica e acido acetico a partire da acido lattico e glucosio. E’ una delle cause delle occhiature dell’Emmental (la CO2 prodotta non riesce a sfuggire a causa della resistenza della cagliata)
  • fermentazione butirrica: è causata in genere da contaminazioni del latte o da cattiva acidificazione del formaggio. Causa gonfiore tardivo

2.3.3 – Innesti:

I microorganismi possono essere aggiunti al latte allo scopo di accelerare e favorire le fermentazioni lattiche, determinando condizioni positive per la coagulazione e negative per la flora anticasearia

  • colture naturali
    i batteri nativi del latte
  • colture starter
    • colture naturali
      si lasciano sviluppare i microorganismi presenti nel latte o nel siero, senza selezione
  • lattoinnesti (sviluppo della microfolora del latte, selezionandola tramite modesto trattamento termico)
  • sieroinnesti (incubazione a giusta temperatura una parte del siero ottenuto per coagulazione presamica)
  • scottafermento (incubazione della scotta, prodotto del siero residuo della preparazione della ricotta)

  • selezionate
    composizione microbica standard con poche specie di batteri lattici

 

Caratteristiche da valutare nella scelta dell’innesto selezionato:

  • capacità acidificante; quantità di acido lattico prodotto e velocità
  • Proteolisi: capacità di degradare la caseina, contribuendo all’aroma
  • produzione di aromi:

2.3.4 – La maturazione

Riguarda un insieme di fenomeni fisici, chimici e microbiologici che conferiscono al formaggio aspetto, aroma e sapore. Si sviluppano aromi, la pasta si indurisce, si formano le occhiature

SI manifesta tramite:

  • demolizione del lattosio in acido lattico: favorisce attività di coagulazione, limita lo sviluppo di batteri anticaseari, partecipa agli aromi
  • demolizione della caseina in peptidi e amminoacidi (proteolisi, peptidasi), responsabile di odore, aroma e sapore e rammollimento della pasta
  • demolizione dei grassi (lipolisi): libera sostanze fortemente aromatiche. I formaggi di pecora e capra hanno sapore più intenso a causa del contenuto superiore di acidi grassi a catena medo-corta, mentre gli erborinati e il taleggio hanno elevata attività lipolitica
  • perdita dell’acqua superficiale: per evaporazione, fino al 60%

2.3.5 – Difetti

  • Difetto del gonfiore: si presenta come arrotondamento della forma dovuto alla produzione di gas come CO2 e idrogeno generati da batteri.
    Spesso dovuto alla scarsa igene o del latte o delle strutture di trasformazione, maturazione  e affinamento
  • gonfiori precoci: si presentano nei primi giorni dopo la produzione.
    Si manifesta in formaggi molli, duri e semiduri. La pasta diventa spugnosa, non permette lo spurgo e acquista odori e sapori sgradevoli. Prevenzione: igene del latte, utilizzo di colture di fermenti
  • gonfiori tardivi: si presentano nel corso della stagionatura.
    Si manifestano in formaggi cotti ed a stagionatura prolungata. La forma si gonfia, si creano spaccature e la pasta assume sapore rancido. E’ dovuta a microbi di tipo Clostridium che resistono alla pastorizzazione
  • Difetto della gessosità: causato dalla eccessiva acidità della cagliata
  • Difetto del sapore amaro: causato dallo spurgo incompleto della cagliata
  • Le muffe si sviluppano dove c’è ossigeno, quindi spesso sulla crosta. Si prevengono con migliore spurgo della cagliata e con una giusta salatura

2.4 – L’assaggio

Assaggiare significa gustare con attenzione un prodotto alimentare di cui vogliono apprezzare le qualità, sottoponendolo all’esame dei nostri sensi. Si cerca di conoscerne i pregi, i difetti e le qualità, esprimendone le caratteristiche.

La prima impressione è rapidissima e si manifesta a livello della corteccia cerebrale, poi interviene l’identificazione logica.

Le fasi della analisi sensoriale prevedono:

  • osservazione per mezzo dei sensi
  • descrizione delle percezioni
  • confronto con norme codificate, altri prodotti, altri assaggiatori ecc.
  • giudizio motivato

Gli odori sono percepiti per via diretta dal naso, attraverso l’inspirazione dell’aria

Gli aromi per via retronasale, durante e dopo la masticazione

Le sensazioni olfattive non sono durevoli: c’è un aumento progressivo della sensazione fino ad una fase ottimale poi seguita da una diminuzione e scomparsa

I sapori vengono percepiti diversamente nel tempo:

  • all’inizio (0-3 sec) c’è prevalenza dei gusti dolci
  • 5-12 sec. aumento dei gusti acidi e poi amari
  • nel finale prevalgono i gusti acidi e amari

Dal nervo trigemino vengono percepite sensazioni piccanti, astringenti, metalliche, rinfrescanti, riscaldanti.

L’analisi è condotta da panel.

I panel sono composti da:

  • giudici addestrati, che adottano comportamenti comuni durante ogni seduta: mira a giungere ad un prodotto finito che dia garanzie di qualità sensoriale
  • consumatori: mira a misurare l’accettazione del prodotto da parte dei cittadini

I prodotti sono preparati tutti allo stesso modo e resi non riconoscibili.
L’analisi per ottenere il profilo sensoriale del prodotto passa per varie fasi:

  • analisi quantitativa: la scelta dei descrittori sensoriali del prodotto
  • analisi qualitativa: la messa a punto di standard di riferimento per ogni descrittore (valori massimo e minimo)
  • elaborazione statistica ed interpretazione dei risultati

2.4.1 – La scheda

Operazioni preliminari all’assaggio

  • Denominazione
  • Categoria: si elencano le principali classificazioni (consistenza, grasso, tecnologia, coagulazione, stagionatura, tipo di latte ecc)
  • Note di presentazione: provenienza, tipo di campione ecc.

Esame visivo aspetto esterno:

  • Forma (indicare se regolare o irregolare; può essere indefinita)
  • Facce (indicare se regolare o irregolare)
  • Scalzo (indicare se regolare o irregolare)
  • Superfice
    • Tipologia (pelle=mozzarella, buccia=robiola, crosta=consistente, dura)
    • Aspetto (tra le altre: fiorita=sottile feltro di muffa, lavata=a causa di spungnature di acqua e sale si forma una patina dal giallo al rossiccio)
    • Colore ( uniforme, non uniforme / carico, scarico)

Esame visivo aspetto interno:

  • Colore della pasta (uniforme, non uniforme)
  • Sottocrosta (presente, assente)
  • Occhiatura (presente/assente; indicare regolarità di forma, dimensione e distribuzione; altro)
  • Erborinatura (presente/assente, regolare o localizzata)
  • Struttura della pasta (vista e tatto)
  • Elementi di discontinuità (sfogliature, distacco ecc.)

Esame olfattivo, gustativo e tattile

  • Odori (descrittori e intensità)
  • Sapori (dolce, acido, amaro, salato e intensità)
  • Aromi (descrittori e intensità)
  • Sensazioni trigeminali (descrittori e intensità)
  • Struttura (intensità)
  • Persistenza gustativa (debole <3 sec.; media 10-15 sec; elevata > 30 sec)

2.5 – Formaggi a pasta molle

  • si può partire da latte crudo o pastorizzato
  • aggiunta di innesti o starter (in prevalenza lattoinnesto)
  • coagulazione presamica o acida: la struttura molle, adesiva, elastica è dovuta al tipo di coagulazione: spesso infatti si usa quella acida, e in alcuni casi il caglio vegetale, che ha funzione lipolitica e proteica elevate, facendo maturare il formaggio in minor tempo; si avranno formaggi più dolci, senza sensazioni trigeminali, spesso di dimensioni più piccole
  • rottura grossolana della cagliata (percentuale di acqua superiore al 45% rimane inglobata.)
  • non vengono effettuati trattamenti termici
  • stampi di piccole o medie dimensioni
  • in alcuni casi aggiunta di penicillum in caldaia per favorire lo sviluppo di muffe
  • la pasta molle e l’alta acidità non permettono una lunga maturazione: 30-40 giorni al massimo
  • la crosta è assente nei formaggi freschi; in quelli a breve stagionatura si presenta con un feltro fungino (crosta fiorita) o con una patina rossastra (crosta lavata, data di microorganismi favoriti dallavaggio con sale)

2.5.1 – Formaggi caprini

  • I globuli di grasso del latte caprino hanno dimensioni minori rispetto al latte di vacca, questo favorisce la lipolisi rendendolo più digeribile, ma comporta anche la minore resa in caseificazione e facilità di irrancidimento (quindi necessita di maturazioni più brevi).
  • La presenza superiore di acidi grassi a corta e media catena comporta odori e sapori più intensi.
  • coagulazione acido-lattica, con coagulo soffice e friabile. Nel caso in cui si voglia una cagliata più soda si aggiunge caglio liquido.
  • minore contenuto di sodio, quindi più adatto a chi soffre di ipertensione
  • la maturazione è assente per i caprini freschi, altrimenti maturazione di 5-10 giorni con rivoltamento delle forme e salatura in crosta
  • caprini italiani: uniche doc Robiola di Roccaverano e Formaggella del Luinense

2.6 – Formaggi a pasta dura e semidura

In generale:

  • si usano innesti batterici
  • sono formaggi che si prestano a stagionature medie e lunghe (3 mesi – 3 anni)
  • spesso si cosparge la crosta di olio o paraffina o si riveste di resine plastiche
  • durante la stagionatura si possono avere pratiche di concia

2.6.1 – Pasta semidura

  • struttura semidura e dura, mediamente elastica o rigida, a volte granulosa, con presenza di occhiature
  • umidità dal 38 al 44% nei semiduri e inferiore al 30% in quelli duri
  • maturazione media, medio-lunga o lunga
  • latte crudo o termizzato intero
  • coagulazione prevalentemente presamica
  • rottura della cagliata in dimensioni di nocciola
  • pasta crudo o semicotta a 45 gradi
  • stampi di medie dimensioni con frequenti rivoltamenti, in alcuni casi anche pressatura
  • salatura a secco o in salamoia

2.6.2 – Pasta dura

  • solitamente usato latte crudo e scremato
  • la coagulazione è prevalentemente presamica
  • si ottiene una cagliata consistente, rotta a chicco di riso
  • in alcuni casi si effettua cottura a 52 gradi (alta temperatura)
  • la salatura solitamente è a secco per le paste crude, mentre è in salamoia per le paste cotte, in modo da favorire una crosta spessa che aiuti nelle lunghe maturazioni

2.6.3 – Formaggi pecorini

  • il latte è di colore bianco per la minor presenza di beta carotene
  • ha maggiore consistenza di quello vaccino per la maggior presenza di grassi e proteine
  • ha maggiore resa in formaggio rispetto al latte vaccino e caprino
  • il latte non viene scremato
  • la coagulazione è spesso presamica (caglio di vitello o agnello o capretto)
  • nei formaggi a pasta cotta la rottura della cagliata è delle dimensioni di un chicco di riso, nei formaggi molli a quelle di nocciola

Pecorini italiani:

  • a pasta molle: Casciotta di Urbino, Murazzano
  • a pasta semidura e dura: Pecorino romano, Pecorino toscano, Piacentunu ennese, Canestrato pugliese

2.7 – Formaggi a pasta filata

La cagliata fusa (dopo la sua maturazione e demineralizzazione) viene lavorata con acqua bollente, che riduce la caseina in fili sottili e lunghi e diventa plastica.
L’operazione causa la perdita di molto grasso e siero, e il liquido di filatura diventa poi base del liquido di governo.
I formaggi freschi subiscono il solo trattamento termico della filatura, mentre i semiduri (es. scamorze) e duri (es. caciocavallo) subiscono cottura prima della filatura per ottenere un prodotto più  asciutto e conservabile

La classificazione è in funzione di:

  • origine del latte (vacca, bufala, pecora, misto)
  • contenuto di umidità (molli, semiduri, duri)
  • stagionatura (freschi, a breve stagionatura, stagionati)

Procedura di produzione:

  • acidificazione del latte
    ottenuta tramite l’aggiunta di colture, provoca la parziale demineralizzazione delle caseine favorendo la filatura
  • coagulazione (presamica)
  • rottura della cagliata
    grossolana per i formaggi freschi, più spinta per i prodotti da stagionatura
  • maturazione della cagliata
    vengono sottratti ioni di calcio alla cagliata, causando la demineralizzazione della pasta, che diventa più plasmabile
  • filatura
    la pasta viene sminuzzata e fusa con acqua ad alta temperatura.
    Se la cagliata è troppo matura si ottengono prodotti a bassa consistenza, se è poco matura prodotti duri e gommosi
  • modellatura e raffreddamento
    per mantenere la forma è necessario un rapido raffreddamento
  • salatura
    per formaggi stagionati, si procede in salamoia, per i formaggi freschi si aggiunge acqua salata alla cagliata
  • stagionatura

Paste filate italiane: Mozzarella di bufala campana, Caciocavallo silano, Provolone della Val Padana

2.9 – Cultura e normativa casearia

2.9.1 – Classificazione dei formaggi

  • In base al tipo di latte, formaggi di latte:
  • vaccino
  • pecorino
  • caprino
  • bufalino
  • misti
  • In base al trattamento termico del latte, formaggi a latte:
  • crudo:
    il latte non è stato pastorizzato, la microflora batterica è mantenuta inalterata. Solitamente subisce la cottura della pasta. Esempio: Parmigiano reggiano, grana padano
  • pastorizzato:
    il latte è portato a 72 gradi per 15 secondi. E’ necessaria l’addizione di innesti o starter. Trattamento solito nei formaggi freschi o molli. Es. il Gorgonzola
  • In base al contenuto di grassi, formaggi
  • grassi:
    il contenuto di grassi è superiore al 42%, sono prodotti con latte intero. Es. Dolomiti, Casolet, Gorgonzola
  • semigrassi:
    grassi tra 20% e 42%, ottenuti da latte parzialmente scremato. Es. Asiago
  • magri:
    grassi inferiori al 20%. Vengono sottoposti a ulteriore scrematura durante la lavorazione. Spesso sono latticini e non formaggi es. ricotta
  • In base alla consistenza della pasta, formaggi a pasta:
  • molle:
    la rottura è delle dimensioni di una noce, il contenuto di acqua è tra 45% e 70%. La cagliata non è stata sottoposta a pressione o riscaldamento.
    Di norma hanno brevissima stagionatura. Es. Gorgonzola
  • semidura:
    i frammenti sono delle dimensioni di una oliva, il contenuto di acqua è tra 35% e 45%. Es. Pecorino toscano, Bra
  • dura:
    i frammenti sono della dimensione di un chicco di riso, il contenuto di acqua è tra 30% e 40%, in genere hanno stagionatura lenta. Es. Grana
  • In base alla temperatura di lavorazione della pasta, formaggi a pasta
  • cruda:
    la cagliata non è stata sottoposta a cottura o riscaldamento. Es. Robiola, Taleggio
  • semicotta:
    la cagliata è stata riscaldata a circa 48 gradi. Es fontina
  • cotta:
    la cagliata è stata riscaldata tra 48 e 56  gradi. Es. Montasio, Piave, Bitto
  • In base al processo di lavorazione della pasta, formaggi a pasta
  • erborinata
  • filata:
    Possono essere molli, semiduri (scamorza) o duri (caciocavallo, provolone)
  • pressata
  • fusa
  • In base al tipo di crosta, formaggi a crosta:
  • fiorita
  • lavata
  • affumicati
  • Il primo intervento legislativo è del 1925, che definisce cosa è il formaggio: “prodotto che si ricava dal latte intero, parzialmente o totalmente scremato, oppure dalla crema, in seguito a coagulazione presamica o acida, anche facendo uso di fermenti e sale da cucina”; (la definizione è ancora valida)
  • Nel 1954 viene redatta la legge di Tutela delle denominazioni di origine e tipiche dei formaggi
  • Nel 1955  viene pubblicata la legge che riporta i metodi di lavorazione, le caratteristiche merceologiche e le zone di produzione dei formaggi
  • Nel 1992 viene emanato il regolamento CEE riguardanti DOP e IGP: i prodotti devono sottostare ad un disciplinare
  • Nel 2006 la CE aggiorna i regolamenti su:
    • Indicazioni Geografiche (IGP):la produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata
    • Denominazione di Origine (DOP): produzione, trasformazione ed elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata
    • Per beneficiare della DOP o IGP il prodotto deve essere conforme ad un disciplinare, del quale deve essere verificato il rispetto da parte di un organismo di controllo riconosciuto dal ministero, approvato dalla Commissione Europea
    • Il Consorzio di tutela è un ente di produttori, allevatori, affinatori, trasformatori ed altri interessati allo sviluppo della DOP/IGT/STG, che svolge attività di consulenza, elaborazione del disciplinare, programmazione quali-quantitativa, collaborazione sulla vigilanza e promozione della denominazione.
      Il consorzio tutela il prodotto (difendendolo, migliorandolo e promuovendolo), il consumatore (controllando la conformità al disciplinare, vigilando sul corretto uso dei marchi e informando) ed è titolare del marchio
  • legge vigente: 1151/ 2012: DOP (marchio rosso) – IGP (marchio blu) – STG

2.9.2 – DOP e IGP

Le singole denominazioni hanno tutela nazionale

Il marchio può essere:

  • privato / aziendale
  • collettivo (concesso al consorzio con rispetto di un disciplinare)
    • di origine: contraddistingue il prodotto conforme al disciplinare e può designare delle tipologie (es. duro – tenero)
    • di selezione: indica una particolarità (es. stagionatura)
  • DOP
    Concesso a prodotti agroalimentari le cui caratteristiche dipendono in tutto o in parte dall’ambiente geografico in cui sono prodotti. Tutte le fasi di produzione devono avvenire in quell’area
  • IGP
    Concesso a prodotti agroalimentari che posseggono qualità o caratteristiche determinate dall’origine geografica. Almeno una delle fasi produttive deve avvenire nell’area geografica
  • STG
    Specialità tradizionale garantita: specificità legata al metodo di produzione o alla composizione di una zona, ma possono non essere prodotti in tale zona. Il prodotto deve essere sul mercato comunitario da almeno 30 anni (es. pizza e mozzarella)

Le denominazioni divenute generiche non possono essere registrate, es. alcuni nomi di prodotto collegati al luogo di produzione divenuti nome comune di prodotto agricolo o alimentare della comunità

2.9.3 – Formaggi DOP Italia

  • Vaccini:
    Asiago
    Caciocavallo silano
    Castelmagno
    Casciotta di Urbino
    Grana Padano
    Gorgonzola
    Montasio
    Fontina
    Parmigiano reggiano
    Piave
    Raschera
    Taleggio
  • Caprini
    Bitto (vacca, capra)
    Bra (vacca, capra, pecora)
  • Ovini
    Pecorino toscano
    Pecorino sardo
    Pecorino romano
    Bra (vacca, capra, pecora)

2.10 – Utilizzazione e abbinamenti

Normalmente si servono al massimo sei porzioni da 30 grammi ciascuna (190 gr)

Si identificano:

  • vassoi in base al latte: 2 caprini, 2 vaccini-pecorini, un erborinato
  • vassoi in base alla pasta: 2 formaggi a pasta cruda, 2 cotta, 2 filata; oppure molle, semidura e dura
  • vassoi a tema specifico: tutti i formaggi dello stesso latte, oppure della stessa stagionatura o tipologia
  • vassoi in verticale: diverse stagionature dello stesso formaggio
  • vassoi dei formaggi freschi: alcuni formaggi molto freschi e delicati sono adatti ad inizio pasto

2.10.1 – Presentazione

si parte sempre dal più fresco, terminando con gli erborinati. Al centro un frutto o una composta

Taglio:

  • prodotti molto freschi, con pasta molle e cremosa vanno prelevati con un cucchiaio
  • prodotti a pasta molle e delicata: si usa il filo metallico
  • formaggi a pasta morbida e asciutta: coltelli lunghi, sottili e stretti, magari a lama ribassata
  • formaggi a pasta dura e asciutta: lame larghe e spesse
  • formaggi con forme molto grandi: coltelli a lama lunga e con doppio manico
  • parmigiano reggiano, grana, pecorini stagionati: coltellini che non tagliano ma spaccano

Porzionatura:

  • caciottella di piccole dimensioni (es. robiola): taglio a spicchi
  • forma cilindrica (Es. fontina): prima divisa a metà lungo il diametro e poi a fette, ogni fetta poi ridotta in porzioni
  • forme parallelepipede a faccia quadrata o rettangolare (Es. taleggio): fette parallelepipede poi porzionate con alla base la crosta
  • formaggio molle a forma di torta bassa e larga (es. brie): prima diviso in quattro e poi da ciascun quarto si porziona una serie esterna con lo scalzo e una interna
  • forme alte e cilindrche: prima divise longitudinalmente in due cilindri e poi a spicchi
  • forme a pera: a spicchi

2.10.2 – Conservazione

  • Latticini e formaggi freschi: in frigo, nella zona a 6-8 gradi, avvolti da carta alimentare ed eventualmente posti in contenitore plastico. Le mozzarelle e il fior di latte vanno conservati nel liquido di governo
  • Formaggi molli: nella carta alimentare, in contenitori in plastica e in frigo
  • Formaggi a crosta lavata ed erborinati: nella carta alimentare, chiusi in contenitore ermetico e poi in frigo
  • Formaggi a crosta fiorita: non sopportano di essere avvolti nella carta, vanno conservati in legno o cartone e messi in frigo per pochi giorni
  • Formaggi semiduri e duri: temono il freddo che indurisce la pasta. Vanno conservati a 12-14 gradi, in luogo umido e avvolti nella canapa

2.10.3 – Abbinamento con il vino

L’intensità gustativa è alla base dell’abbinamento: l’intensità del formaggio ci suggerisce la struttura del vino. Visto che spesso il plateau di formaggi arriva a fine pasto, quando a tavola è presente il vino più importante, è meglio proporre formaggi di impatto gustativo notevole (es. pecorini e caprini stagionati, paste dure invecchiate, erborinati).

  • Un vino bianco leggero e delicato si abbina ad un formaggio giovane e giovane
  • un vino rosso giovane e fruttato con un formaggio di media stagionatura.
  • Un vino rosso importante e complesso richiede formaggi di lunga maturazione.
  • Gli erborinati, che presentano elevate succulenza indotta, sapidità e persistenza gustativa, magari una leggera tendenza amarognola e piccantezza, non sono bilanciati dalla sola morbidezza, quindi richiedono vini passiti o da uve surmature

Metodo Mercadini:

Caratteristiche del cibo Caratteristiche del vino
Succulenza (liquidi in bocca)

Untuosità (olio grassi fusi)Alcolicità

TannicitàGrassezza (pastosità e patisosità in bocca)

Tendenza dolce (sfumata dolcezza: ortaggi, pasta, formaggi…)Sapidità

Acidità

EffervescenzaSapidità (presenza di sale)

Tendenza amarognola (alcuni formaggi, grigliature)

Tendenza acida (freschezza, es caprini giovani)MorbidezzaPersistenza gusto-olfattiva

Speziatura (uso delle spezie)

Aromaticità (formaggi stagionati)Intensità gusto-olfattiva

PAI (persistenza aromatica intensa)

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… e gli inglesi fanno un po’ quel ca**o che gli pare. Norme minime di abbinamento cibo-vino: introduzione

abbinamentoIn questi tempi di mille trasmissioni tv sulla cucina e di infinite pubblicazioni, corsi e blog riferiti a tutto lo scibile dell’umanamente edibile, in questa epoca in cui tutti siamo esperti nell’analisi organolettica dei fermentati d’uva e di malto, la faccenda del corretto abbinamento cibo-vino per molti appassionati assume ancora i contorni fumosi del culto neopagano, con tanto di sapienti druidi capaci di dispensare vaticini, inappellabili e ponderosi come un menhir, a fronte delle ingenue richieste di neofiti e spaesati adepti…

Grazie alla ricostruzione del colloquio Adepto-Sapiente, oltre al raggiungimento di vette di illuminazione degne dell’esperienza di un solstizio d’estate a Stonehenge, possiamo anche identificare la categoria druidica di appartenenza di questo ultimo:

– Adepto: “Supremo Cathbad, cosa ci bevo con un risotto al radicchio sfilacciato, cubetti di aringa affumicata, riduzione di sugo di cottura di maiale in agrodolce e spolverata di cacao amaro e zenzero?”.

– Druido della casta dei Lacoonici: “Romanee Conti Grands Echezeaux 1989”.
– Druido della casta dei Verbosi: “Per bilanciare la tendenza dolce del riso e del maiale serve un vino di ottima spalla acida e sapidità, ma che abbia anche notevole intensità e persistenza gusto-olfattiva in modo da tener testa alla aromaticità dello zenzero e alla forza del cacao amaro. Da non dimenticare, una certa morbidezza per mitigare la affumicatura”.

– Adepto: “Supremo Cathbad, rendo grazia della tua illuminazione. Ce piazzo ‘na latta de Fanta”.

Più seriamente, è vero che esistono svariate teorie sul corretto abbinamento, dalla più semplice (“pesce con bianco, carne con rosso”), alla simil meccanica quantistica del famigerato Metodo Mercadini, vero e proprio totem dell’AIS, che sarà oggetto della seconda parte di questa dotta trattazione.
Senza farla troppo lunga, nella prossima puntata, cercheremo di illustrare alcune delle metodologie più note.

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