Prosecco Spumante Brut Valdobbiadene, Siro Merotto

Disclaimer: il vino di cui parlo in questo post mi è stato inviato gratuitamente dal produttore.
Ribadisco che su questo sito non si fanno sponsored posts e che, se non diversamente segnalato come in questo caso, le bottiglie vengono acquistate dal sottoscritto in enoteca o in azienda.

Ai più attenti tra i miei pochi lettori non sarà sfuggito che il prezzo medio dei vini di cui si parla su questi schermi non è proprio popolare, intendiamoci: non stappo mai rarità o nomi stellari, ma mi rendo conto che 40 (o anche 20, se per questo) euro per una bottiglia non possono essere una spesa quotidiana.
Il motivo di questa mia scelta è banale: io sono uno dei quelli che in settimana durante i pasti scaraffa solo acqua, e mi riservo per il weekend qualcosa di particolare, qualcosa di possibilmente differente da tutto quello che già conosco e che sia, perlomeno potenzialmente, capace di regalarmi emozioni. Al contrario, la mia famiglia era solita avere sempre una bottiglia a tavola, che durava magari cinque o sei giorni.  Quindi, esistono tanti tipi di bevitore, nessuno è quello “giusto” o “sbagliato”, semplicemente ci sono esigenze differenti.

Quanto sopra per introdurre l’assaggio di alcune bottiglie che mi sono state cortesemente inviate in forma gratuita dall’azienda Siro Merotto, facendo notare come il prezzo dei prodotti in questione sia piuttosto distante da quello dei vini di cui solitamente scrivo: senza ricadere nelle dubbie operazioni da etichetta ignota a due euro il litro nel supermercato, il costo consente certamente di definire queste proposte come “vino quotidiano”, e ritengo che come tale debba essere valutato.

Alcuni cenni veloci sulla azienda, che si estende per sette ettari collinari in località Col San Martino, in provincia di Treviso; il lettore smaliziato avrà già capito che siamo al centro della denominazione Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, dunque viene coltivata la varietà Glera ma anche altre tipiche della zona (Perera, Boschera, Verdiso, Bianchetta), declinate in tre tipologie per un totale di circa 25.000 bottiglie annue: il “classico” Prosecco Spumante Brut DOCG, il Prosecco Tranquillo DOCG e anche un vino frizzante chiamato In Un Sol Bianco.

Poco da dire sul fenomeno “denominazione Prosecco”, se non che si trova ad un passo cruciale: al momento lo straordinario successo planetario è stato alimentato in gran parte con la (temo poco lungimirante) politica di estendere i confini della zona di produzione in maniera dissennata, privilegiando la quantità sulla qualità. Capiremo nei prossimi anni se l’aver drogato il mercato con milioni di bottiglie a basso costo e dal profilo organolettico quantomeno discutibile sia una pratica a lungo sostenibile.

Ciò detto, è innegabile che il Prosecco abbia un marcia in più: grazie alla sua immagine vincente di vino per tutti, semplice, relativamente economico, disimpegnato, giovane; sicuramente un profilo che non appartiene ai vini Metodo Classico, che sono poi gli spumanti che abitualmente tratto in questo sito.

spumante-sito-merotto2Denominazione: Conegliano Valdobbiadene DOCG
Vino: Prosecco Spumante Brut DOCG
Azienda: Siro Merotto
Anno: 2015
Prezzo: 8 euro

E’ proprio dal Prosecco Spumante Brut Valdobbiadene, sicuramente il vino più prestigioso della casa, che voglio iniziare.
Indubitabilmente Prosecco alla vista: quasi incolore, scivola leggerissimo nel bicchiere, con bollicine non particolarmente fitte ma che poi in bocca si riveleranno delicate.

Appena aperto è invece un Prosecco leggermente atipico per lo spettro olfattivo non particolarmente intenso, che prende una strada più consona seguendo la scia delicata, molto leggera, di frutta bianca non acerba ma sicuramente fresca. Il riferimento evidente (che tornerà anche all’assaggio) è quello tipico del varietale, quindi la pera.
L’assaggio denota ovviamente un corpo leggero e una buona acidità, fortunatamente non penalizzata da dosaggi invadenti, come spesso accade in questa denominazione; è questo ultimo un aspetto che voglio rimarcare: non siamo di fronte ad uno dei troppi Prosecchi molli e dolcioni che stancano dopo mezzo bicchiere.
Il calore quasi impercettibile, che sembra persino inferiore agli 11 gradi dichiarati, confeziona assieme alla freschezza un vino semplice ma di ottima bevibilità, che poi ritengo sia l’obiettivo cui deve puntare un Prosecco, in particolare se appartenente a questa fascia di prezzo, insomma il compagno ideale di un bicchiere pomeridiano, di un aperitivo o di qualche antipasto non strutturato.

Il bello: semplice, onesto, prezzo abbordabile col plus di un dosaggio controllatissimo
Il meno bello: nulla da segnalare

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Crémant de Loire Cuvee Jean & Jacques, Moulin de l’Horizon

Sono stato per la seconda volta al Salon des Vignerons a Cagnes -sur-Mer, forse non una delle fiere vinicole più note agli italiani, ed è un peccato: intanto si svolge in Costa Azzurra, che è sempre una bella destinazione per un fine settimana, specie in un periodo non vacanziero, quando non c’è grande affollamento, e poi perché certo è un salone dove ci sono i vini (tantissimi, francesi, ça va sans dire) ma c’è anche moltissima gastronomia.
Non essendo ancora riuscito a capire quale sia la logica della disposizione degli espositori, il risultato è che sono stato costretto a girare nei due padiglioni un po’ a casaccio, favorendo le scoperte interessanti.

Se lo scorso anno avevo fatto il pieno di Champagne, questa volta mi sono dedicato a vini a me meno noti, tra cui in particolare roba proveniente dalla zona del Rodano, visto che nei giorni successivi avevo in programma un viaggio da quelle parti. Ma di questo parlerò in un prossimo post.

Sorprendentemente, uno dei vini della giornata è stato questo Crémant de Loire: i Crémant sono denominazioni in Italia ben poco praticate, oscurate a destra dallo Champagne e a sinistra dagli spumanti autoctoni. Lungi da me conoscerne una quantità adeguata per poter tracciare un panorama sensato (oltretutto si spazia tra Alsazia, Loira, Borgogna, Limoux eccetera, persino fino al Lussemburgo, quindi con diversità enormi nelle varie tipologie), ma se la media fosse del livello di questa bottiglia ci sarebbe da gridare al miracolo, anche e soprattutto in relazione al prezzo.

Della azienda Moulin de l’Horizon, situata a Puy-Notre-Dame, con 30 ettari nel cuore della AOC Samour, so poco o nulla, avendo scambiato solo due parole al volo col produttore durante il salone.

Al sodo: si tratta di un assemblaggio per metà Chenin e per metà Chardonnay, che per quel che importa, ha vinto la medaglia di bronzo al Concours des Vins des Vignerons Independants del 2015.

Denominazione: AOC Crémant de Loire
Vino: Cuvée Jean & Jacques
Azienda: Moulin de l’Horizon
Anno: –
Prezzo: 9 euro

L’aspetto è un paglierino tenue, con una bollicina bella continua, fitta e sottilissima, che in bocca si rivelerà vivace ma non puntuta, mentre la fase olfattiva è decisamente intesa per un metodo classico, con molto floreale difficile da identificare, e una scia di anice.

La bevuta è di piacevole pienezza, vivacizzata appunto dalle bolle mai fastidiose e dalla acidità garbata. I toni aggrumati, di pompelmo in particolare, accompagnano il buon equilibrio generale: è un vino piuttosto semplice ma di grande piacevolezza, senza spunti di eccellenza (certo non c’è infinita lunghezza, e una certa morbidezza spunta ogni tanto) ma non posso non definirlo banalmente molto buono.

E’ l’ennesima conferma della grande qualità media dei vini francesi, che con un “semplice” cremant da 9 euro si permettono di tener testa a tanti metodo classico italiano di ben altro prezzo.

Il bello: ottimo aperitivo, prezzo imbattibile
Il meno bello: nulla da segnalare

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Viogner 2012, Château Beauchêne

La breaking news è che sono stato qualche giorno in Francia, per una visita veloce alla zona di produzione del Rodano di cui vi parlerò in seguito.

Durante il viaggio sono entrato un una piccola enoteca a Châteauneuf-du-Pape, avendo occhieggiato all’interno una degustazione; definire caratteristica l’ambientazione è riduttivo: siamo in ottobre inoltrato, è domenica mattina e il paesino (si contano circa 2600 abitanti) è piuttosto freddo e avvolto nella nebbia; più o meno tutti i negozi sono chiusi e in questo negozietto scorgo meno di una decina di francesi col bicchiere in mano davanti ad un bancone peno di bottiglie aperte.
A “condurre la degustazione”, come direbbero i colleghi sommelier, non c’è un tizio incravattato e con padellino al collo ma una vecchina piccola e storta, immagino la padrona del negozio, che con modi assai sbrigativi sbicchiera agli astanti. Accanto, su una vecchia botte, diversi piattini di salumi e formaggi… Come potevo perdermi l’assaggio?

E’ così che ho scoperto questo vino buonissimo, interamente a base Viognier, fermentato e affinato in barrique (ma non si sente), prodotto da una azienda per nulla blasonata e a me sconosciuta, ed è così che mi è stata ribadita per l’ennesima volta la grandezza della enologia Francese, che può vantare una qualità media (lasciamo perdere le vette di eccellenza) sicuramente invidiabili.

vin_81Denominazione: Côtes du Rhône
Vino: 100% Viognier
Azienda: Château Beauchêne
Anno: 2012
Prezzo: 12 euro

Il colore è compatto, giallo dorato, limpido, e gli aromi sono di frutta tropicale (mango, ananas), intensi ma non pesanti: ci sono sempre un accenno viola e una punta di minerale a pulire l’olfatto dalla stanchezza.
L’assaggio è molto sapido, caldo, di buon corpo e gran profondità; avvolge e riempie il cavo orale dove torna il tropicale che si annuncia come una vera spremuta: una roba che detta così è un mattone tremendo, ma invece i guizzi salini e alcolici riescono sempre ad equilibrare un vino che sulla carta sembra esagerato, e invece in bocca (pur molto pieno) resta godibile e tutto sommato persino agile e piuttosto lungo.

Dovessi definirlo parlerei di gusto mediterraneo, inteso non come accade ad esempio con i vini delle Cinque Terre che alimentano ricordi di macchia mediterranea e di mareggiata, ma come un liquido solare, luminoso e intenso come la luce del cielo della Provenza.

In quanto all’uso, mi viene da pensare ad un vino universale: persino da antipasto se ben rinfrescato, ma capace al meglio di reggere tranquillamente formaggi di media stagionatura e altre pietanze discretamente strutturate. L’aromaticità può far pensare anche ad abbinamenti con cibi speziati, orientali.

Il bello: la pienezza e l’intensità mai pesanti
Il meno bello: la scarsa reperibilità, perlomeno in Italia

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