Vitovska 2011, Zidarich

Certo, l’invecchiamento, l’affinamento, le terziarizzazioni eccetera.
Ma ogni tanto ti viene voglia di dire chissenefrega e di bere, e pazienza se magari aspettando qualche decade e svariati allineamenti astrali potremmo (forse, magari) godere di qualche bottiglia arrivata al mitologicamente perfetto stadio di maturazione.

E’ quello che è successo in questi giorni, in cui ho messo mano alla Vitovska 2011 di Zidarich, comperata durante il mio piccolo tour Friulano (parte 1, 2, 3, 4), e ne ho tratto gran soddisfazione, alla faccia della perfezione dello stato evolutivo…

vitovskaDenominazione: Carso DOC
Vino: Vitovska
Azienda: Zidarich
Anno: 2011
Prezzo: 22 euro

Aspetto tipico da vino non filtrato, giallo dorato con netta tendenza ambrata e lieve opalescenza; olfattivo intenso, ricchissimo di frutta cotta, fiori di campo (camomilla), albicocca disidratata, salmastro.
Il piccolo miracolo è che la traccia identitaria di vino friulano (la sapidità minerale) riesce a declinarsi con grande eleganza accanto al ricco impianto della macerazione,  mantenendo sia freschezza che impatto.

Il sorso è brioso, invade la bocca prendendone possesso in modo deciso: è una conquista senza spargimenti di sangue e senza duri assedi: freschissimo e sapidissimo, scende intenso ma senza alcuna difficoltà.
Il corpo è presente ma agile, di bella lunghezza, con un delicato accenno di tannino finale.

Per dirlo in due righe, è devastante nella sua intensità finissima, perfettamente in equilibrio tra forza, espressività, complessità  e semplicità di bevuta: uno dei vini più interessanti e assieme piacevoli degli ultimi mesi

Come si diceva in apertura: di certo siamo di fronte ad un prodotto dall’ottimo potenziale evolutivo, capace col tempo di tramutarsi in qualcosa di più importante, ma già oggi parliamo di una bevuta facile, fresca, piacevolissima e allo stesso tempo assai soddisfacente e ricca di complessità.

Il bello: tutto: fresco, ricco, complesso e allo stesso tempo dalla bevuta disinvolta
Il meno bello: reperibilità non facilissima

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Zidarich

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Pioggia… è ancora la pioggia che mi accompagna quando è ora di far rotta verso il Carso, a circa 300 metri di altitudine sul tetto del Golfo di Trieste. La visita da Zidarich sarà per forza di cosa veloce e incompleta, i motivi sono i soliti: la vendemmia è appena terminata con una certa fretta e c’è molto da fare in cantina. Pazienza.

Zidarich

L’arrivo è difficoltoso: l’azienda è inerpicata nella frazione di Prepotto, il navigatore la conosce ma chissà per quale pasticcio con le strade, propone un percorso piuttosto lungo e isolato e quando si arriva non ci sono cartelli o insegne ad indicare la cantina.
Strano, anche in ragione del fatto che Zidarich ha da poco aperto nella stessa struttura anche una “osimiza” (traduco malamente con osteria)…

Ad ogni modo, il maltempo può fare quel che vuole, ma la vista dall’alto sul mare è davvero unica: se ieri eravamo nell’antro di Radikon, qui ci troviamo nel nido di un gabbiano e nessun ostacolo si protende davanti alla collina che scende sul Golfo straordinariamente ampio e profondo per noi liguri, abituati a ben altre asperità.

E’ su questi declivi di roccia calcarea, permeabile e coperta da un sottile strato di terra rossa, totalmente indifesi rispetto al vento che già oggi spazza e che immagino  per molti giorni l’anno ancora più robusto e tagliente,  che crescono gli otto ettari aziendali piantati a Vitrovska, Malvasia, Sauvignon, Terrano e Merlot, da cui si ricavano circa 25.000 bottiglie l’anno.

La costruzione che ospita cantina e osimiza è sicuramente affascinante: terminata recentemente, si sviluppa su vari livelli, da quello superiore tutto vetrate fino a scendere a venti metri di profondità nella roccia scavata in nicchie, anfratti e gallerie, tenute a bada da volte in pietra.

Zidarich

Le vinificazioni sono improntate a quel rigore naturalistico che ormai bene conosciamo: massima selezione in vigna, lieviti autoctoni, macerazione anche per i bianchi (molto meno pronunciata rispetto a quanto accade con i vini di Radikon) , nessuna filtrazione, affinamento in grandi botti di rovere, minima aggiunta di solforosa.
Ne risultano vini particolari ma non estremi, molto personali ma che a mio modo di vedere non travalicano i confini della piacevolezza di bevibilità e che immagino possano essere graditi anche ai non fanatici della naturalità.
I canoni comuni sono quelli di una lieve opalescenza visiva (causata evidentemente dalla non filtrazione), di ottima freschezza e soprattutto da evidente ed estrema mineralità, declinata in sapidità e aromi di pietra focaia.
Nel dettaglio, la Malvasia 2011, olfattivamente ricca di frutta gialla matura e miele, in bocca è comunque bella affilata e non stucchevole; il Prulke 2011(uvaggio di Sauvignon, Malvasia e Vitovska) è più complesso, cangiante, vira dal floreale e aggrumato fino alla albicocca disidratata, con un sorso teso e scattante.
Il pezzo più pregiato del bianchi è  la Vitovska 2011, vitigno locale un tempo un po’ bistrattato e ora in gran spolvero; c’è tutto per definirlo un grande vino, l’olfattivo è ricchissimo e cangiante, floreale di camomilla, spezie, agrume, minerale… Bevibilità stellare e buona lunghezza.
Tutti vini bianchi (o meglio, orange) da servire a temperature da rosso giovane, in modo da placare la leggera tannicità e non mortificare il notevole spettro aromatico.
Una sorpresa bella e interessante il Terrano (dal nome del vitigno omonimo, autoctono, del quale non avevo mai assaggiato nulla): colore rubino accesissimo, fragranza di frutti di bosco, leggera speziatura e acidità spiccata. Mi sembra molto bevibile e lo immagino ottimo in accompagnamento a salumi.

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