François de Tournon 2013, Delas Freres

Partiamo con con la seconda bottiglia dall’ordine di Vinatis: si tratta di un prodotto della azienda Delas Freres, un produttore storico, presente sul mercato da fine ottocento, che dal 96 ha subito una fusione con la maison champagnistica Deutz.

I vini di Delas coprono molte denominazioni della Cote della Côtes du Rhône: in questo caso parliamo di un Saint-Joseph, denominazione che si sviluppa per una cinquantina di chilometri sulla riva destra del Rodano, su terreni e microclimi di varia tipologia (leggendo le note di produzione ho scoperto che addirittura copre 26 comuni nel dipartimento dell’Ardeche e tre in quello della Loira).
Proprio a causa di questa eterogeneità propone vini con caratteristiche piuttosto varie; il vantaggio è che i prezzi, a differenza di quanto accade con “vicini di casa” più prestigiosi come Hermitage e Cote Rotie, sono abbordabili con una qualità media (per quanto mi è capitato di assaggiare) di buon livello.

Denominazione: AOC  Saint-Joseph Rouge
Vino: François de Tournon
Azienda: Delas Freres
Anno: 2013
Prezzo: 18 euro

Le uve di questo vino non provengono da territori di proprietà (l’azienda ha Domaine ad Hermitage e Crozes-Hermitage) ma da conferitori di fiducia, ovviamente sono syrah al 100% e la produzione è di circa 20.000 bottiglie l’anno.

La raccolta è manuale, con due giorni di macerazione a freddo e poi fermentazione in cemento a temperatura controllata e affinamento in legno.

Nel bicchiere è di un bel rosso rubino,  carico e intenso che lascia presagire un vino di spessore, impressione confermata dall’olfatto che apre con la classica frutta rossa sotto spirito ma poi aggiunge un leggero ematico, qualche pennellata di spezia tipica del vitigno (il pepe) e il cassis. Nel complesso è piacevole e piuttosto riconoscibile come provenienza.

Sorso caldo, in cui emerge la liquirizia, vibrante e teso grazie ad una decisa freschezza che ben si amalgama all’alcol che si fa sentire  e ad una certa morbidezza. Chiudono l’assaggio un corpo deciso e  un tannino estremamente setoso. Vien voglia di capire dove può arrivare con un lustro in più sul groppone, tanta è la materia che propone…

Nel complesso il bicchiere finisce presto, in particolare a tavola con i classici accompagnamenti di carne (bistecche al sangue, stracotti in umido, insomma in generale dove ci sia succulenza) e formaggi

Il bello: gradevolmente voluttuoso, ma deciso

Il meno bello: nulla da segnalare

 

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Guarini Syrah 2012, Vini Viola

Dopo neppure un mese torniamo a parlare di Syrah, ancora una volta proveniente non dalla zona di elezione (il Rodano).
Stavolta la provenienza è italiana, siciliana: il vino è prodotto da Viniviola di Aldo Viola: 16 ettari condotti a regime biologico per sole 10.000 bottiglie l’anno.

Denominazione: IGT Sicilia
Vino: Guarini Syrah
Azienda: Vini Viola
Anno: 2012
Prezzo: ? (era un regalo)

Nello specifico parliamo dunque del Syrah, le cui uve provengono da una collina di Feudo Guarini, a 300 metri sul livello del mare.

Come immaginabile, l’aspetto è rubino vivissimo, spendente e guizzante, con netti riflessi porpora.
L’olfattivo ha buona intensità, ma non particolare complessità: frutta fresca, ciliegia e prugna, e soprattutto vinoso, sentore di mosto in fermentazione.
Quasi inavvertibile il varietale del syrah: mancano quasi totalmente le note piccanti, speziate; lo stesso accade all’assaggio.

Al palato è completamente secco, di decisa alcolicità e piacevolmente fresco, leggermente tannico (mi aspettavo una astringenza più robusta e verde, invece il tannino è molto gentile e garbato).
Buona struttura e finale di media lunghezza.

Vino di buon potenziale, si intuisce la stoffa, comunque piacevole già oggi, ma in questo momento decisamente troppo giovane: mi domando perché non si attenda almeno ancora un anno di affinamento prima di metterlo in commercio.
Arrivederci volentieri tra un paio di anni.

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Bin 128 2006, Penfold’s

Capita mai di voler provare qualcosa di davvero diverso, di aver voglia di un viaggio (intellettuale) esotico, di un safari delle sensazioni?
Più semplicemente, di voler provare qualcosa di davvero diverso, da cui non sai cosa aspettarti?
Ecco, a me è successo questo fine settimana, e me la sono cavata con 23 euro e una bottiglia di vino…

Non millanto: non conosco granché di Penfold’s, se non che si tratta di una azienda storica del panorama Australiano, risalente a fine ‘800, con una produzione notevole per numero di bottiglie e varietà di vini.
Il resto, dalla storia aziendale a tutti i dettagli relativi ai vini, mi erano ignoti e sono comunque ben spiegati nell’esaustivo sito.

bin 128Denominazione: Shiraz
Vino: Bin 128
Azienda: Penfold’s
Anno: 2006
Prezzo: 23 euro

La bottiglia che ho scelto è un Shiraz in purezza, la declinazione Australiana del Syrah, vitigno che vive i massimi fasti nella Francia del Rodano e che nella terra dei canguri trova uno dei territori di elezione, per quantità e qualità.
In questo caso la coltivazione è stata effettuata nella regione di Coonawarra, nota per un clima relativamente fresco: per questo motivo il vino dovrebbe mantenere un profilo aromatico e gustativo relativamente nervoso, non troppo seduto come a volte accade con certi vini internazionali. Affinamento in botti di rovere francese, di vario passaggio.

Colore rubino acceso, vivissimo, non impenetrabile. Al naso, una giostra di frutta matura prugna, lampone… ma soprattutto spezie (pepe bianco) e molte erbe aromatiche. Intensissimo e variegato, magari un po’ cafone, ma divertente.
Appena aperto una lieve nota ferrosa ed ematica, svanita dopo qualche ora.

L’assaggio è potente e assai intenso, ben secco e morbidissimo a causa dell’evidente tenore alcolico (scoprirò dopo che i gradi dichiarati sono ben 14,5) e immagino anche per il passaggio in legno; la struttura non è lieve ma neppure un mattone come si potrebbe temere.
Buona la acidità, il tannino è presente ma resta in sottofondo, delicato, composto.
Nel complesso il vino mostra una doppia faccia, con una entrata dolce che poi termina in un vago amarognolo da tannino.

Discreta la lunghezza, forse leggermente penalizzata dalla botta alcolica, che rende un po’ monocorde il finale.
Non vedo grande potenziale evolutivo: mi sembra un vino all’apice della sua carriera, temo che ulteriori attese possano rinforzare ancora le morbidezze che già ora sono rilevanti.

Un vino magari non particolarmente fine, forse anche dalla bevuta un po’ stancante, ma comunque di impatto e tutto sommato divertente, se preso nelle giuste dosi e soprattutto se abbinato a preparazioni strutturate, ben aromatiche e magari in umido, ad esempio carni con sughi importanti.

Il bello: olfattivo intenso e variegato, sorso potente
Il meno bello: prezzo non popolare. Un po’ troppo piacione

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Hermitage Le Pied de la Cote 1998, Jaboulet

Le Pied de la Cote

Uno dei motivi interessanti nell’essere appassionati di vino è che non importa quanto sai o pensi di saperne: la bottiglia sarà sempre diversa ed è possibile che ti riserverà comunque qualche sorpresa. Ho usato il termine “interessante” e non “entusiasmante” non a caso, infatti non sempre le aspettative vengono confermate o esaltate con l’assaggio, e a volte capita anche la delusione.

Le Pied de la Cote E una delusione (parziale, in realtà) è stato questo vino: certo, è un prodotto-base che immagino fatto con le uve non giudicate idonee al più prestigioso La Chapelle, ma il produttore Jaboulet gode di buon nome, la AOC (la nostra DOC, per capirci) Hermitage è di quelle prestigiose (siamo nella zona Nord del Rodano) e l’invecchiamento inizia ad essere rilevante.

Il risultato è quantomeno curioso: i descrittori canonici di un Syrah al 100% sono un bel colore rubino squillante, evidente speziatura di pepe nero al naso, struttura e morbidezza in bocca, mentre invece questo Le Pied de la Cote è granato non vivacissimo, di discreta consistenza, con naso abbastanza intenso e, appena stappato, totalmente dominato da un ribes persino troppo schietto.
Migliora con il passare delle ore, quando esce qualche altro piccolo frutto rosso, il sottobosco, la terra, il sangue, ma è praticamente assente il tipico varietale del syrah

In bocca è abbastanza caldo, e di discreta morbidezza; l’attacco è leggermente amabile e persino giovanile per freschezza; il tannino è presente, deciso ma piacevolmente arrotondato. Al gusto torna il ribes e poco altro. Non c’è grande materia e non è particolarmente lungo.
Non lo capisco bene: da un lato sembra ancora ben vivo (per acidità e tannino), dall’altro il colore e gli aromi monocordi sembrano quelli di un vino più stanco.
Il risultato è un prodotto tutto sommato anche piacevole ma di sicuro non entusiasmante (anche in ragione del prezzo) dal quale forse mi aspettavo troppo.
Sui 35 euro in enoteca.

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