Germany reduced: la classificazione tedesca per tutti (reprised)

Colgo l’occasione dell’ultimo post dedicato ad un riesling della Mosella per una piccola aggiunta alla classificazione ai vini tedeschi che avevo redatto a suo tempo.
Oltre alle classiche definizioni Spatlese, Auslese ecc. (classificazione creata nel 1971 e basata sul grado di maturazione dell’uva al momento della vendemmia), nel 2012 è stata introdotta la classificazione VDP (Verband Deutscher Prädikatsweingüter), che distingue i vini in un sistema matriciale.
La VDP è una associazione privata cui fanno capo circa 200 coltivatori (quindi non comporta obblighi legislativi) e il suo simbolo, stampato sulla capsula delle bottiglie, è l’aquila che porta un grappolo d’uva.

Su di un asse della matrice si trovano quattro livelli di qualità del vino (Gutswein, Ortswein, Erste Lage, Grosse Lage) organizzati in stile Borgognone, quindi sulla base di criteri territoriali-qualitativi, che specificano territorio, vitigno, resa massima, procedura di vendemmia e produzione.

Alla base della piramide VDP ci sono i Gutswein: vini provenienti da vigneti di proprietà e conformi ai requisiti VDP (simili ai Bourgogne Regional).

Poi gli Ortswein: vini che provengono dai migliori vigneti di una specifica zona vinicola (comune), con basse rese, al massimo 75 hl per ettaro (simili ai Bourgogne Village).

A salire gli Erste Lage: vini da vigneti storicamente eccezionali, rese molto limitate (max 60 hl per ettaro), e vitigni ammessi in base alle tradizioni locali (simili ai Bourgogne Premier Cru).

Il vertice è dei Grosse Lage: vini da specifiche parcelle eccezionali, con resa massima di 50 hl per ettaro e restrizioni sui vitigni (simili ai Bourgogne Grand Cru).
Nel caso dei Grosse Lage (e solo in questo caso, mai per i Gutswein, gli Ortswein e gli Erste Lage), in etichetta si usa solo il nome del vigneto e non quello del comune.
I vini secchi di categoria Erste Lage sono denominati Grosse Gewachs (GG) e sono etichettati come Trocken GG.

Sull’altro asse della matrice si trova il livello di dolcezza del vino (Trocken, Kabinett, Spaetlese, Auslese, Beerenauslese, Trockenbeerenauslese, Eiswein).
Ma attenzione: con la classificazione VDP, le diciture Kabinett, Spaetlese e Auslese non sono più relative al grado zuccherino al momento della vendemmia ma all’atto del vino fatto e finito e l’uso dei Pradikats Kabinett, Spaetlese e Auslese è riservato ai soli vini dolci, mentre tutti i vini secchi sono identificati dalla dicitura Trocken.
In questo modo non è più possibile, come con la classificazione tradizionale, trovarsi di fronte ad esempio a due bottiglie di Spaetlese, uno dolce e ad uno secco.

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Marienburg 2007, Clemens Busch

E’ nuovamente tempo di scrivere di Riesling, e come spesso accade la regione è la Mosella, dove la famiglia Busch coltiva da generazioni  questa tipologia sulla collina Marienburg.
I Bush si sono convertiti ormai da oltre 20 anni al biologico e recentemente al biodinamico, e in cantina utilizzano fermentazioni spontanee.

Denominazione: Mosel Riesling VDP
Vino: Marienburg
Azienda: Clemens Busch
Anno: 2007
Prezzo: 30 euro

La bottiglia ha qualche anno, ma si sa che con i Riesling questo spesso è un punto di forza. L’età si nota subito già durante la mescita: il colore è oro antico, quasi ambra, denso.
Il naso è ricco: arriva un filo del famigerato idrocarburo ma a prevalere sono la resina e la frutta disidratata.

L’assaggio è molto intenso, materico, secco ma morbido per la grande carica glicerica, e l’alcol che resta in evidenza seguito da sentori di cera d’api, frutta surmatura e cenni di ossidazione nobile.
Alla cieca mai direi Mosella, semmai Alsazia.
C’è freschezza, ma non l’acidità tagliente di tanti Riesling, e la chiusura è lunghissima ma il finale purtroppo è lievemente amarognolo.

L’impressione è quella di un “vinone” muscolare, persino barocco, con i pregi e le difficoltà del caso: potente, robusto, importante ma carente della leggiadria dei grandi tedeschi.
Di certo fa gran figura al primo assaggio in degustazione, ma temo non sia facile da finire a tavola: ha struttura e corpo del vino dolce pur essendo sostanzialmente secco e anche per questo lo si trova in difficoltà nell’abbinamento, a parte con i classici e scontati formaggi.

E’ facile immaginare che la bottiglia sia al vertice della sua parabola qualitativa, anzi forse lo abbia già oltrepassato.

Il bello: spettro olfattivo molto ricco

Il meno bello: bevuta pesante

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Mandelberg Grand Cru 2005, Domaine Bott-Geyl

Le generalizzazioni sono sempre approssimative, spesso inducono ad errori e a banalizzare gli argomenti, e io ovviamente sto per scrivere una generalizzazione… Olè.
Parlando di riesling, la terra promessa cui si è soliti far riferimento è in Germania, più precisamente la Mosella; l’Alsazia, quindi i cugini francesi (una volta tanto) vengono dopo. Le differenze ci sono e pure marcate: chissà se bisogna dar retta alle sirene del mitologico terroir o se invece la colpa dei connotati cambiati è da attribuire agli stili e alle tradizioni di vinificazione.
Quel che è certo è che in Alsazia, a differenza che sulla Mosella, il Riesling è solo uno dei protagonisti assieme ad altri vitigni come il Pinot Grigio, il Muscat, Il Gewurztraminer, spesso i residui zuccherini sono inferiori, ma soprattutto il vino è più caldo, robusto. Ampiezza in luogo di verticalità: più potenza e meno finezza. Appunto generalizzando, certo.

Denominazione: Alsace Grand Cru
Vino: Mandelberg
Azienda: Domaine Bott-Geyl
Anno: 2005
Prezzo: 30 euro

A controprova di quanto sopra ho stappato questo Grand Cru di un produttore biodinamico di cui riesco a reperire poco o nulla (ecco, in questo francesi e tedeschi sono molti simili: molti produttori non hanno un sito o se lo hanno è come se non esistesse).

Via, ai bicchieri: bel giallo dorato, luminoso, naso intrigante di legni esotici e di the, e un leggero velo di morbidezza che richiama il burro e l’albicocca matura. Dopo un’ora circa aggiunge ancora più complessità, con riconoscimenti di fiori appena colti e di rocce bagnate (lo so che è una cazzata, ma assicuro che è una immagine che salta in testa annusandolo).

L’assaggio è caldo e grintoso, morde la parte laterale e finale della bocca: sono le sensazioni acide e sapide (soprattutto), molto decise e intonse perché il vino non presenta residuo zuccherino alcuno. Non male, ma molto robusto: rispetto alle sensazioni olfattive è più monolitico e perde in eleganza.

Non male, ma la bevuta non scorre via veloce: è di certo un vino da pasto, che con la sua potenza deve accompagnare carni bianche e pesci preparati con salse o comunque pietanze non delicatissime.

Il bello: bel naso variegato. Bocca potente

Il meno bello: manca un po’ di eleganza

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Riesling Wehlener Sonnenuhr Spatlese 2010, Dr. F. Weins-Prüm

Era da troppo tempo che non scrivevo di Riesling, quindi…

Rieccoci nuovamente in Mosella ad assaggiare un vino prodotto con uva proveniente da uno dei vigneti simbolo di questa zona, Wehlener Sonnenuhr, come ci era capitato in passato.
Stavolta l’azienda è Dr F Weins-Prüm, dal nome di uno dei tanti produttori discendenti di Sebastian Alois Prüm, il più famoso dei quali è sicuramente J.J. Prüm.

Lo anticipo subito: questo è uno di quei classici casi di infanticidio, un vino di questa foggia meriterebbe almeno altri 5-7 anni di affinamento prima di essere messo in tavola, ma qualche volta capita che non hai voglia di aspettare, o semplicemente ti capita la bottiglia e sei curioso…

Dr. F. Weins-Prüm Wehlener Sonnenuhr Riesling spatleseDenominazione: Riesling Spatlese
Vino: Wehlener Sonnenuhr
Azienda: Dr. F. Weins-Prüm
Anno: 2010
Prezzo: 21 euro

Colore giallo paglierino brillante, molto carico, si intuisce la corposità già solo osservandolo.
L’olfattivo è intenso, elegante, quasi penetrante, ricco di agrumi, fiori bianchi, spezie; comunque tutti profumi molto freschi.

In bocca è molto grosso, quasi denso, e resta in equilibrio precario tra la grande dolcezza e una acidità notevole. Oltre a quanto prometteva al naso, l’assaggio regala una sorta di marmellata di albicocca, un velo di mineralità pietrosa e un accenno di carbonica residua.

Sicuramente intenso e discretamente lungo, già così è un bel bere, personale e divertente, ma di certo, avendo più pazienza del sottoscritto, maturerà mascherando meglio la spiccata dolcezza con accenti minerali ben più evidenti di quelli odierni.

Il bello: l’olfattivo ricco, complesso, intenso
Il meno bello: l’eccessiva gioventù che non permette un equilibrio ottimale

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Monzinger Halenberg Spatlese 2007, Schäfer-Fröhlich

Schäfer-FröhlichDenominazione: Riesling Spatlese
Vino: Monzinger Halenberg
Azienda: Schäfer-Fröhlich
Anno: 2007
Prezzo: 25 euro

Ogni tanto non posso fare a meno di tornare a sorseggiare un vecchio amore: il riesling renano (qui la mia minimale guida alla classificazione), e questa volta in particolare lascio alcune righe su un vino proveniente dalla regione della Nahe, forse meno nota e prestigiosa rispetto alla blasonata Mosella.

Schäfer-Fröhlich produce dal 1800, ha circa 13 ettari di terreno e vinifica in acciaio.
Il vino assaggiato viene dalla vocata collina Halenberg nel comune di Monzinger, uno dei più antichi a tradizione vinicola della Nahe.

Colore paglierino lievemente tendente al dorato, di buona consistenza visiva.
Pur non essendo un millesimo particolarmente remoto, al naso già spiccano l’idrocarburo e il minerale (zolfo, pietra focaia, lieve affumicato), e fa capolino la mela, che stranamente non sembra particolarmente acerba, come spesso capita con i riesling, ma anzi piuttosto matura.
Non particolarmente complesso e forse neppure del tutto elegante (quello zolfo…), ma così curioso e divertente da costringere a continuare ad annusarlo.
In bocca entra pieno, denso, e tutto sommato anche leggermente caldo nonostante la gradazione assai limitata.

La dolcezza ricorda il sidro di mele, ma per fortuna si rincorre e si bilancia con il pizzicore della spiccata freschezza, rendendo il sorso un vero piacere, anche per la buona lunghezza.

Si beve benissimo già adesso, visto che i sentori particolari dei riesling invecchiati si sono già sviluppati, ma di certo c’è ancora spazio per farli crescere e affinarli nel tempo.

Soliti abbinamenti da riesling (antipasti e primi di pesce e crostacei), ma a me piace finirlo anche in solitaria.

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Unterortl: uno sguardo alla gamma

La settimana scorsa, grazie ad un incontro nella solita Cantina du Pusu, ho avuto la possibilità di esplorare più o meno l’intera gamma di vini della Unterortl, azienda altoatesina di proprietà dell’alpinista Messner ma in gestione a Gisela e Martin Aurich.

L’azienda dispone di poco più di cinque ettari attorno al colle Juval, compresi tra 600 e 800 metri di altitudine, costantemente asciugati dal vento caldo (föhn). I vitigni coltivati sono quelli tipici del nord: Müller Thurgau, Pinot Bianco, Riesling, Pinot Nero, con bassissime rese per ettaro, vinificati in acciaio o legno a seconda della tipologia, e comunque utilizzando lieviti autoctoni.

In degustazione:

  • Müller Thurgau 2012
  • Müller Thurgau 2011
  • Pinot Bianco 2012
  • Pinot Bianco 2011
  • Riesling 2011
  • Riesling 2009
  • Riesling Windbichel 2011
  • Riesling Windbichel 2010
  • Riesling Windbichel 2009
  • Riesling Windbichel 2008
  • Pinot Nero 2010
  • Pinot Nero 2009 (tappo a vite)
  • Pinot Nero 2009 (tappo in sughero)
  • Pinot Nero 2006 (tappo a vite)
  • Pinot Nero 2006 (tappo in sughero)
  • Riesling Spielerei 2008

Qualche impressione veloce: decisamente troppo giovani il Müller Thurgau e il Pinot Bianco 2012 (che difatti sono stati appena imbottigliati e non sono ancora in commercio), piacevolmente freschi e profumati i loro corrispettivi 2011: vini magari non particolarmente complessi ma facili e piacevoli da bere, danno l’idea di essere ottimi prodotti da aperitivo.

A mio modo di vedere, troppo giovani anche i Riesling 2011 e 2010, sia il prodotto “base” che il più prestigioso cru Windbichel (un vigneto ripido ed esposto a circa 750 mt di altitudine). Molto più profondo e complesso il Windbichel 2009, che tira fuori un bel carattere pietroso frammisto a pesca e pompelmo.

Curioso il Windbichel 2008, che a quanto ho capito è stato necessario declassare a IGT a causa del residuo zuccherino fuori disciplinare al termine della fermentazione: grazie a quella dolcezza più che significativa (ma ben bilanciata dalle durezze) è sembrato il più “tedesco” e il più personale della batteria.

In generale, da amante dei riesling tedeschi, ho potuto notare una netta differenza tra questi prodotti e i classici provenienti da Mosella e dintorni: alla vista il colore è decisamente più scarico e la consistenza è minore, di contro la gradazione è superiore (quasi tutti mi pare fossero sui 13.5) e, a parte il 2008, gli zuccheri residui sono bassissimi, da trocken e oltre. Anche la acidità mi è sembrata meno marcata, ma di contro c’è maggiore sapidità.
In sostanza, sono prodotti ben differenti.

Molto bene i Pinot Nero: giovane e di buone prospettiva il 2010, e estremamente interessanti i confronti vite / sughero delle due annate 2009 e 2006. La  base comune è di piccoli frutti di bosco e di una bella speziatura, che nel millesimo più vecchio si infittisce.
La diversità vite / sughero, già sensibile nel 2010, è netta nel 2006: più vivace ed esplosiva al naso la bottiglia con chiusura Stelvin, più note terrose e fungine nella tappatura “classica”. Personalmente ho preferito la versione a vite, che oltretutto sembra far presagire un invecchiamento superiore.

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Germany reduced: la classificazione tedesca per tutti.

Si dice che i tedeschi son gente seria, precisa, sistematica, lineare.
Per carità, immagino sia vero… magari per tutto meno che per la classificazione dei vini, che è di un incasinato micidiale. In più, certo, non aiuta la lingua…

Cerco di fare chiarezza, premettendo che l’intento è di semplificare anche a scapito di un minimo di approssimazione.
Disclaimer: questa classificazione è valida solo per la Germania: in Austria ci sono alcune differenze.

Ripe grapes of Riesling.
Tom Maack, Riesling grapes and leaves. Rheingau, Germania, Ottobre 2005

La classificazione si basa sulla regione di origine, sulla eventuale aggiunta di zucchero e sulla maturazione delle uve; in più si appoggia alla scala Oechsle, un metodo di misurazione della maturazione e dello zucchero basato sulla densità del mosto ideato da Ferdinand Oechsle.
Facendola facile, i gradi Oechsle (Oe) indicano di quanti grammi un litro di mosto supera il peso di un litro di acqua; poiché la differenza è causata praticamente solo dallo zucchero disciolto nel mosto e poiché l’alcol del vino è dovuto alla conversione dello zucchero da parte dei lieviti, è chiaro come la scala sia usata per predeterminare il potenziale alcolico del vino finito.
La parola chiave è “potenziale”: non è detto che tutto lo zucchero venga svolto in alcol, in questo caso avremo un vino più o meno dolce.

Alla base della piramide ci sono i Tafelwein (vini da tavola), che devono essere prodotti in una delle regioni autorizzate, devono raggiungere almeno i 44° Oe (corrispondenti ad un alcol potenziale del 5%) e il contenuto alcolico finale deve essere di almeno 8%, che può essere ottenuto anche con l’arricchimento di zucchero.

Il secondo step sono i Landwein. La provenienza deve essere da zone determinate, il contenuto alcolico finale superiore dello 0.5% rispetto ai Tafelwein e il vino deve essere secco (troken) o semisecco (halbtrocken).

A seguire iniziano i “vini di qualità”: Qualitätswein bestimmter Anbaugebiete (brevemente detti QbA, vini di qualità prodotti in regione determinata): provenienza da 13 regioni autorizzate, grado Oechsle compreso tra 51°Oe e 72° a seconda della zona di raccolta e contenuto finale di alcol almeno 7%. E’ ammessa la aggiunta di zucchero al mosto.

Arriviamo poi ai Prädikatswein o Qualitätswein mit Prädikat (QmP, vini di qualità superiore). Questi non possono subire l’arricchimento con aggiunta di zucchero, possono coprire tutta la gamma da secco a dolce, devono essere prodotti con uve provenienti da ben definite sottoregioni delle 13 autorizzate ai QbA e sono ulteriormente classificati con la scala seguente:

  • Kabinett: possono essere semidolci (lieblich), semisecchi (halbtrockeno secchi (trocken). Devono avere almeno 73° Oe.
  • Spatlese: da uve raccolte con vendemmia tardiva, quindi con maggiore concentrazione zuccherina (almeno 85° Oe). I vini possono andare da secchi a dolci.
  • Auslese: vendemmia selezionata di uve raccolte manualmente, che possono essere state già attaccate dalla muffa mobile, la botritys cinerea. La concentrazione di zucchero deve essere almeno 95° Oe, e anche stavolta il vino finito può essere secco o dolce.
  • Beerenauslese: vendemmia di acini selezionati. Gli acini devono essere raccolti a mano scegliendo quelli attaccati dalla muffa nobile o almeno surmaturi. Il vino finito è solo dolce, in quanto gli almeno 125° Oe non si riescono a convertire interamente in alcol.
  • Trockenbeerenauslese: vendemmia di acini selezionati vecchi. Gli acini devono essere o botritizzati o appassiti sulla pianta, in modo da ottenere almeno 150° Oe. Il vino finito è dolce.

Fanno categoria a parte gli Eiswein (vini del ghiaccio), ottenuti da uve vendemmiate a Novembre o Dicembre quando gli acini (non intaccati da muffa nobile) sono ghiacciati, ottenendo mosto concentrato naturalmente, in quanto durante la pressatura si elimina la parte ghiacciata (sostanzialmente acqua). Il mosto deve avere almeno 125° Oe e il vino finito è solo dolce.

[Update: c’è una appendice a questo articolo: Germany reduced: la classificazione tedesca per tutti (reprised)]

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Riesling: un nobile del Nord

Anche senza che io confessi, chi ha sbirciato il sito poco meno che distrattamente si sarà accorto da sé della mia predilezione per i vini bianchi del Nord, in particolare per Riesling e Champagne.

Se la bolla francese più o meno la conoscono in tanti, magari anche solo nelle sbiadite versioni da supermercato di qualche grande maison, i Riesling restano affare un pochino più da carbonari per il grande pubblico, comunemente in difficoltà ad accettare un bianco a volte dolce o semidolce, che dà il meglio di sé dopo lungo invecchiamento.
Genera confusione anche il fatto che ne esistano alcune varietà solo lontanamente parenti, ad esempio il riesling italico, che in Germania viene chiamato Welschriesling.

Zell (Mosel), Germany
Zell (Mosella), Autore Friedrich Petersdorff

La sua origine è situata nella valle del Reno (da qui la definizione di Riesling Renano), in particolare nella regione della Rheingau; gli antenati dovrebbero essere il Gouais Blanc (nome francese del tedesco Weißer Heunisch), ormai raro ma pare assai comune in epoca medioevale, e il Traminer.
Le prime fonti scritte che ne parlano risalgono a metà del 1400, e il suo crescente successo a partire dal XVII secolo è dovuto agli ordini religiosi, che ne riconobbero la grandezza e lo coltivarono diffusamente.

Resistenza al freddo, elevata acidità e maturazione tardiva sono caratteristiche distintive del vitigno, ma è soprattutto importante notare, oggi che tutti parlano di terroir, che il Riesling è una delle uve che meglio riflette i caratteri del suolo di coltivazione.
La produzione attuale è concentrata in Germania, in Alsazia, in Austria, in Australia e Nuova Zelanda, negli Stati Uniti e nel Canada.
La Germania è ovviamente lo stato in cui, per tradizione e per caratteristiche climatiche e di territorio, la coltivazione del Riesling è preponderante; le zone tedesche più vocate sono:

  • Mosel-Saar-Ruwer (o Mosel in breve)
  • Nahe
  • Pfalz
  • Rheingau
  • Rheinhessen

Per la quantità delle sostanze odorose concentrate sulla buccia (costituite per la maggior parte dai terpeni) è definito come vitigno semiaromaticoinoltre, con l’evoluzione, questi aromi primari sono accompagnati da secondari e terziari assai complessi.
Mi piace per questo definirlo un vino camaleonte: da fresco e facile in gioventù a profondo e ampio con l’invecchiamento, forse è questo il grande fascino del Riesling.
Troveremo quindi in partenza vini ricchi di profumi floreali (ad esempio acacia, erba sfalciata) e fruttati (agrumi, frutta tropilcale, mela, pera, albicocca); gli anni porteranno poi toni mielati, ricchezza minerale (pietra focaia, idrocarburo) e speziata (tabacco, pepe).

La tradizione tedesca prevede la vinificazione con bassa gradazione e residuo zuccherino (vini dolci o semisecchi), anche se le abitudini dei consumatori attuali hanno portato ad un incremento nella produzione di vini secchi (troken). In ogni caso, la eventuale dolcezza e il ricco corredo aromatico sono stemperati e bilanciati dalla grande freschezza derivante dalla naturale acidità del vitigno, che garantisce anche lunghissima conservazione al prodotto imbottigliato.

Rimando ad un prossimo post qualche chiarimento sulla classificazione, spero utile all’orientamento nella giungla delle etichette tedesche.

[Aggiornamento: ecco la guida alla classificazione]

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Forster Ungeheuer Riesling Spatlese 2004, Werlé Erben

Ancora riesling, da un produttore piccolo e poco noto (praticamente non si trovano notizie su internet) consigliato dall’amico Tassara della Cantina du Pusu.
Prezzo al pubblico: circa 30 Euro.

Forster Ungeheuer Riesling Spatlese 2004Solito casino tedesco in etichetta, cerchiamo di decodificare: l’azienda è Werlé Erben di Forst, nella regione dello Pfalz (Palatinato)
Il vigneto è Ungeheuer, pare rinomato per la produzione di vini di grande eleganza.

La denominazione è Spatlese, e la vinificazione non è troken (secca) ma “tradizionale”, quindi con residuo (anche se non eccessivo, infatti gli zuccheri sono stati convertiti fino a 10 gradi finali), vinificato in legno e con lieviti autoctoni.

L’aspetto è un bel giallo oro, consistente; olfattivo non potente, delicato, tenue, fine. Si inizia a avvertire il mitico idrocarburo, poi mela verde, pera, frutta disidratata.

La dolcezza è percettibile ma per nulla eccessiva o fastidiosa, anche perché c’è l’elevata e controllata acidità a bilanciare. Il corpo è importante.

Direi che si beve bene con formaggi di media stagionatura, crostacei, cucina orientale agrodolce; si potrebbe tentare anche con qualche cibo piccante, ma il punto è che la bevuta è inarrestabile: una di quelle bottiglie che una volta aperta si finisce benissimo da sola.

In definitiva un grande vino, elegante, ricco e composto. Particolarmente consigliato in ragione del prezzo del tutto adeguato, seppur non popolare.

 [Aggiornamento: ecco la guida alla classificazione]

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Karlsmühle Lorenzhofer Mauerchen Riesling Kabinett 2007

Ancora vini del nord, ancora riesling: il produttore è Karlsmühle e siamo a Mertesdorf, lungo il fiume Ruwer (Mosella) e i vigneto di provenienza è Lorenzhof.
Si tratta di un kabinett tradizionale, quindi siamo alla base della piramide di qualità dei Qmp  (Qualitätswein mit Prädikat) e c’è residuo zuccherino.
Karlsmühle L’aspetto è tipicamente nordico, cristallino, dorato scarico.
Il naso è intenso, molto minerale e con una nettissima albicocca disidratata, poi miele; lasciandolo scaldare leggermente nel bicchiere, il profumo si esalta fino a diventare quasi inebriante, restando comunque  elegante e fine.
Al palato il residuo zuccherino è sensibile ma non stucchevole grazie alla notevole acidità. Si averte un lievissimo residuo carbonico;. freschissimo e sapido. Tornano nettamente in evidenza l’albicocca secca e il miele, e si aggiunge la pesca.
Piacevolmente semplice da bere e di bassa gradazione (9 gradi), l’unico difetto è una lieve carenza di corpo  e il finale non lunghissimo, anche se di discreta persistenza.
Abbinamento classicamente scontato (e difficile, per i non amanti della tipologia dei riesling tradizionali): salmone e gamberi, oppure come aperitivo.

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