Ferrari Riserva Lunelli 2002

Una avvertenza agli eventuali pauperisti bio-tutto in ascolto: oggi non parlo del vino biodinamico dell’agricoltore eroico, poeticamente sfigato, che possiede mezzo ettaro abbarbicato su un crinale con pendenza al 50%, e neppure del risultato di una minuscola particella di terroir vinificata senza solforosa e senza controllo della temperatura… piuttosto racconto l’assaggio di uno dei prodotti industriali di una cantina che da tempo immemorabile sforna milioni di bottiglie l’anno.

Ma andiamo per ordine: parliamo di Ferrari, un nome talmente simbolico per la spumantistica italiana che si potrebbe azzardare equivalente a Trento Doc; in realtà il parallelo sarebbe addirittura riduttivo nei confronti della storica “maison”, che per numeri e popolarità surclassa il resto della denominazione.
Sono stato un anno e mezzo fa in cantina (se vogliamo chiamare così uno stabilimento enorme, che accosta molta grandeur a qualche angolo un pochino datato), e la visita è stata come la immaginavo: professionalmente asettica e dimenticabile.

Ferrari è tutta una gamma di metodo classico, dal “Brut” da supermercato, tipicamente e tragicamente consumato in abbinamento al dolce durante le feste, fino al sontuoso (nel gusto e nel prezzo) “Giulio Ferrari”, passando persino per un inusuale Demi-Sec; un gradino sotto al prestigioso “Giulio” è posizionato il “Riserva Lunelli” di cui scrivo oggi.

Riserva Lunelli

Denominazione: Trento DOC
Vino: Riserva Lunelli
Azienda: Cantine Ferrari
Anno: 2002
Prezzo: 35 euro

Il solito sguardo veloce sui dati tecnici: raccolta manuale di Chardonnay del millesimo 2002 dal vigneto di proprietà Villa Margon, fermentazione in legno e sette anni di affinamento sui lieviti. La bottiglia in mio possesso aveva sboccatura datata 2009.

Tornando alla introduzione: è un vino costruito? Sì, certo, eccome,  ecchissenegrega!
E’ dorato, lucente, con un olfattivo intenso e ricco di panificazione, frutta matura, nocciole tostate. Si sente il legno, sicuramente, ma è un legno che esalta il vino, non lo sotterra, forse perché ha avuto tutto il tempo necessario ad amalgamarsi.
Avendo pazienza di attendere esce uno chardonnay che mi ricorda persino qualcosa di borgognone.

In bocca la bolla quasi non esiste per quanto è fine e cremosa; l’equilibrio è invidiabile e le durezze notevoli (in particolare una sapidità che avvolge) sono ben bilanciate dalla dolcezza del legno e da un corpo sicuramente presente.
Il sorso è pulitissimo e mai stancante, entra sontuoso, continua pieno e finisce lungo, senza alcun residuo appiccicoso o stucchevole e senza alcuna chiusura amara, anzi, al retro-olfattivo traspare perfino un tocco balsamico.

Quando ho comperato la bottiglia avevo qualche timore a causa della sboccatura datata, in realtà non ho trovato nessun segno di stanchezza, anzi avrei voglia di prenderne un paio ancora da lasciare in cantina per vedere dove possono arrivare nel giro di qualche anno.

E’ un vino sontuoso, forse anche troppo: una fusione di burro, nocciole e alcol che però riesce a mantenere adeguata la tensione; se bevuto da solo capisco che alla lunga possa stancare, e forse non è adatto a preparazioni delicatissime, ma pasteggiando credo abbia pochi rivali.

Il bello: L’equilibrio, la lunghezza, la complessità
Il meno bello: Una certa opulenza che non lo rende adatto ad ogni occasione

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Rosé Cuvée del Frati 2009, Ca’ dei Frati

Mea culpa: sono sempre troppo scettico per quanto riguarda i vini metodo classico prodotti al di fuori delle zone tradizionalmente vocate (Champagne, ça va sans dire, Franciacorta, Trento… già l’Oltrepo Pavese mi sembra una roba esotica… ). Si tratta di sensazioni indotte dalla tradizione di certi territori, ma, temo, anche dalla mera quantità di bottiglie prodotte e dal sapiente marketing.
Nel caso di questo Rosé Cuvée del Frati della azienda Ca’ dei Frati di Sirmione il mio scetticismo si moltiplica, trattandosi di bolle rosa (una tipologia che assaggio raramente, a causa di qualche delusione), per giunta prodotte da vitigni non tradizionalmente alfieri della spumantizzazione (Groppello, Marzemino, Sangiovese e Barbera): sono troppo sincero se dico che temevo l’effetto “facciamo già altri vini, buttiamo dentro delle bolle e vediamo che succede”?

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Vino: Rosé Cuvée del Frati
Azienda: Ca’ dei Frati
Anno: 2009
Prezzo: 15 euro

Al solito, velocemente i dati tecnici: uve provenienti da Desenzano del Garda, vinificazione in acciaio, malolattica non svolta, 24 mesi sui lieviti.

Intanto il colore è interessante: un bel buccia di cipolla scarico ma luminoso, e la bolla è fine anche se magari non particolarmente copiosa e non molto continua.

Il naso è lieve (c’è un tostato appena avvertibile, contornato da bitter, fragola e rosa), mentre la bocca è piena senza comunque essere potente; più sapido che acido, sicuramente ben fresco e molto equilibrato, con un accenno di tannino; il dosaggio mi sembra ben bilanciato, per nulla fastidioso. Lunghezza discreta, qualche pecca nella complessità.

Quanto sopra per un vino molto facile, non nervoso e verticale ma rotondo (per quanto possa esserlo un metodo classico non stucchevole), dalla bolla non aggressiva, delicato ma gustoso, e con nessuna amarezza finale.
Lo vedo semplice anche nell’abbinamento: direi antipasti di salumi, piatti a base di pesce, preparazioni di carne non troppo strutturate.

Sboccatura indicata in retro etichetta (ma solo l’anno, non il mese: uffa) e buon rapporto qualità prezzo.

Il bello: piacevole, versatilità nell’abbinamento
Il meno bello: semplice, poco sorprendente sia al naso che in bocca

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Balter Brut: ottimo rapporto qualità prezzo

La denominazione Franciacorta goda di notorietà tanto superiore rispetto ad altre realtà spumantistiche italiane per vari motivi: i meri numeri (la quantità di bottiglie prodotte di fatto rende la DOCG lombarda “IL” metodo classico italiano), l’ottimo lavoro di comunicazione svolto dal Consorzio, la grande imprenditorialità delle aziende coinvolte e, certo, una qualità media di buon livello con punte di sicura eccellenza.

Resta il fatto che ci sono altre zone in Italia in cui si imbottiglia ottimo metodo classico, penso in particolare a Trento, che può vantare una ottima propensione territoriale per la produzione di questa tipologia e altrettanta tradizione (basti pensare alle storiche Cantine Ferrari).

Un produttore che non conoscevo e che è entrato recentemente nella mia enoteca di fiducia è Balter: 10 ettari su di una collina a 350 metri, accanto a Rovereto. L’azienda produce anche alcuni vini fermi bianchi e rossi ma è sicuramente più nota per gli spumanti, dei quali ho assaggiato il Brut “base” e la Riserva.
A seguire, le mie impressioni sul Brut, prodotto da sola uva Chardonnay raccolta manualmente e fermentata parte in acciaio e parte in piccole botti di rovere, con sboccatura dopo 36 mesi sui lieviti.

Denominazione: Trento DOC
Vino: Brut
Azienda: Balter
Anno: –
Prezzo: 15 euro

balterBello da vedere: giallo paglierino con accenni dorati, schiuma abbondante, bolla fitta, continua e molto fine.
Olfattivo lieve, non di grande complessità (agrume, fiori bianchi), ma sicuramente piacevole e fresco. Quando si scalda ho l’impressione di avvertire un leggero anice e anche una lontana eco del rovere.
In bocca la sensazione che risalta è l’equilibrio: il dosaggio si avverte ma non è fastidioso, la bolla è presente ma senza essere aggressiva. La freschezza è ottima, e il finale è di media lunghezza.

Direi che è un vino facile (“facile” nel senso buono del termine: può piacere sia all’appassionato più smaliziato che al bevitore occasionale), ma di qualità e dall’ottimo rapporto qualità/prezzo.

Indicato in retroetichetta l’anno di sboccatura (2012, in questo caso): bene, ma mi piacerebbe che fosse riportato anche il mese.

Il bello: grande equilibrio e ottimo prezzo
Il meno bello: poca complessità olfattiva

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Haderburg Brut: solide certezze

Denominazione: Alto Adige DOC
Vino: Brut
Azienda: Haderburg
Anno: –
Prezzo: 18 euro

haderburg brutA volte capita che hai voglia di bolle (vabbè, “a volte” è un eufemismo: hai sempre voglia di bolle) ma non vuoi spendere una fortuna e non vuoi fare esperimenti rischiosi.
Ecco, sono queste le situazioni tipiche in cui c’è un nome che non tradisce: Haderburg.

Azienda di Salorno che possiede circa 5,5 ettari di vigneti coltivati a Chardonnay, Pinot Nero e Sauvignon, distribuiti su 350 – 500 metri di altitudine e condotti in biodinamica, Haderburg produce una ampia gamma di vini fermi, bianchi e rossi, assemblaggi e monovitigno, ma è famosa in particolare per i suoi metodo classico: il Brut base, il Rosè, il Pas Dosé e l’Hausmannof (una riserva millesimata di chardonnay, prodotta in numero limitato di bottiglie, solo in annate particolari e con 96 mesi di affinamento sui lieviti).

Si diceva di bolle ad alto rapporto qualità-prezzo, e il Brut base è perfettamente in linea con questa richiesta.
Brevemente, i dati tecnici: prodotto con rese di circa 60 quintali per ettaro, 85% Chardonnay e 15% Pinot Nero, fermentazione e affinamento in acciaio, 30 mesi sui lieviti, malolattica non svolta.

Aspetto giallo paglierino brillante, con bolle sottili e molto numerose; olfattivo lieve, con descrittori canonici di crosta di pane, agrume e fiori bianchi, non complesso ma finemente piacevole.

In bocca entra pieno, secco e intenso, con bella freschezza ma non tagliente; il dosaggio è fortunatamente poco avvertibile: i 5,5 g/l dichiarati sono ben bilanciati.
Sul palato tornano i sapori avvertiti al naso, e in aggiunta c’è un ricordo di miele.
La bolla è vivace senza essere aggressiva, e c’è corpo; il finale non troppo lungo e leggermente amaro è l’unico punto debole della bevuta.
Ho notato che funziona bene anche ad una temperatura di qualche grado superiore a quella consigliata per i vini spumanti.

Un metodo classico di montagna e che ricorda la montagna: verticale, duro senza essere estremo come certi Pas Dosé, riesce quindi piacevolmente bevibile a tutti, appassionati e non; una bottiglia con cui andare sul sicuro, mai trovata in condizioni meno che buone, meno piaciona e più di sostanza rispetto a tanti Franciacorta base che giocano nella stessa categoria.

Degna di nota in retroetichetta la data di sboccatura: dateci una occhiata prima di procedere all’acquisto, e scegliete un prodotto piuttosto “fresco”.

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Bolle per tutti: i vini spumanti

Tempo di feste uguale tempo di vini con le bollicine.

Non mi è ben chiaro per quale motivo, ma in generale in Italia questa tipologia di vino si consuma quasi solamente sotto l’albero o comunque in momenti di celebrazione, magari con vini secchi in criminale abbinamento al panettone.
Detto che per me le bolle sono uno dei piaceri della vita e che mi faccio promotore di un comitato che ne sponsorizzi il consumo se non quotidiano perlomeno settimanale, credo di fare cosa gradita (dopo aver sentito vari discorsi in la confusione regna sovrana su dosaggio, metodo di lavorazione ecc) proponendo la mia semplificazione sulla faccenda.

Intanto facciamo chiarezza sulla principale differenza: la spumantizzazione può avvenire o con Metodo Classico (anche detto della rifermentazione in bottiglia o champenoise) o con Metodo Martinotti-Charmat (solita diatriba italo-gallica: Martinotti lo ha ideato e il francese lo ha utilizzato e brevettato).
Esiste anche un metodo, poco usato, detto “Charmat lungo”, che è una sorta di ibrido dei due.

Il Metodo Martinotti-Charmat:
è particolarmente indicato per vini spumanti prodotti da uve aromatiche o semiaromatiche (brachetto, moscato, prosecco/glera, malvasia), con le quali si ottiene un prodotto semplice, da bere giovane, con colore tenue verdolino/paglierino, fruttato e di gradevole freschezza, che può essere secco, amabile o dolce.
Si parte da un vino base, fermo, a cui viene aggiunto un “liquore di tiraggio”, composto da vino, lieviti, zuccheri e sali minerali, grazie al quale in autoclave (un contenitore ermetico resistente alla pressione) avviene la presa di spuma, che dura pochi mesi, nei quali i lieviti convertono gli zuccheri in alcol e anidride carbonica; la quantità di zucchero determina la pressione finale (una atmosfera ogni quattro grammi/litro).
Seguono la filtrazione e l’imbottigliamento isobarico (cioè mantenendo la pressione originale).

Il Metodo Classico o Champenoise:
si ottiene un prodotto più maturo, complesso e strutturato rispetto al metodo Martinotti.
Le uve vengono raccolte leggermente in anticipo (in modo da ottenere maggiore acidità) e trattate con pressatura soffice e temperatura controllata; di solito la fermentazione viene innescata con l’inoculo di un “pied de cuve”, composto da lieviti, zuccheri e altre sostanze nutrienti.
Si ottengono così dei vini base da assemblare nella “cuvée”, una miscela di diverse vigne e annate, creata per garantire costante lo stile gustativo della casa di produzione. Se  la cuvée è composta da almeno l’85% dei vini della stessa annata, si può parlare di “millesimato”, altrimenti di “sans année”.
La cuvée con in aggiunta il “liquore di tiraggio” viene imbottigliata in modo da ottenere la presa di spuma, con una pressione generalmente di 6 atmosfere (24 grammi/litro di zuccheri).
Nel giro di circa sei mesi il lievito consuma tutti gli zuccheri e si degrada con processo di autolisi, che regala aromi e profumi complessi, spesso di crosta di pane; questo affinamento “sui lieviti” si prolunga da 15-18 mesi a molti anni, a seconda del produttore e del prestigio del vino che si vuole ottenere.
Terminato l’affinamento, le bottiglie vengono inclinate e ruotate periodicamente per un paio di mesi: è il “remuage”, che ha lo scopo di concentrare tutte le fecce nel collo della bottiglia. Questi scarti verranno espulsi tramite la “sboccatura”: la bottiglia viene stappata e la sovrapressione espelle le fecce.
Prima di ritappare, occorre rabboccare la bottiglia per compensare il liquido perso con la manovra di sboccatura: la manovra viene effettuata tramite il “liquore di spedizione”, una miscela di zucchero, vino e a volte distillato diversa da produttore a produttore e che determina la dolcezza finale del prodotto.

La classificazione dei vini spumanti è basata sulla quantità di zuccheri residui nel prodotto finale:

Denominazione Zuccheri residui (g/l)
Pas dosé / Brut nature / Dosaggio zero ecc. <3
Extra brut <=6
Brut <12
Extra dry 12-17
Dry 17-32
Demi sec 32-50
Doux >50

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