Kerner Praepositus 2012, Novacella

Viviamo in un tempo in cui spesso un vino è valutato sulla base di una presunta “purezza”: di vitigno, di lievito. Giorni nei quali si valuta positivamente, a prescindere, la sottrazione di manipolazione in nome di una ipotetica e mitologica naturalità, e quindi ad esempio il controllo della temperatura in fermentazione per alcuni pasdaran è quasi sinonimo di blasfemia.

Temo sia dovuta a questo contesto una certa svalutazione del Kerner, uva “tecnologica” perché ottenuta tramite l’incrocio di Schiava e Riesling, ma a me di queste generalizzazioni banali importa poco o punto e quindi per questo ho davanti un classicone del vino altoatesino, il Kerner della Abbazia di Novacella.

Due parole sulla cantina occorre spenderli: è una vera Abbazia (i monaci sono Agostiniani), situata ad oltre 600 metri di altitudine nel proverbiale paesaggio da incanto delle valli di questo spicchio estremo d’Italia che definire vocato alla produzione vitivinicola (i bianchi in particolare) è un eufemismo.

La bottiglia è millesimo forse un po’ remoto per un vino che dovrebbe giocarsela principalmente sul terreno della freschezza e della finezza degli aromi, quindi sulla carta è a rischio, ma ho memoria di un passaggio in un libro di Cernilli in cui si cita una buona predisposizione all’invecchiamento, dunque vado avanti con il bancomat.

p-_kernerDenominazione: DOC Alto Adige
Vino: Kerner Praepositus
Azienda: Abbazia di Novacella
Anno: 2012
Prezzo: 17 euro

Il  tappo risponde bene, visivamente è tutto a posto con un bel giallo paglierino ancora vivace, come fosse stato appena imbottigliato.
Buone impressioni anche al naso, ricco di frutta fresca: pompelmo rosa, mela verde e qualcosa di tropicale (mango?).

Ottima la acidità, che assieme alla fragranza di gusto nasconde bene l’alcol.
Il corpo non è esile e in generale la bevibilità è assassina finché il caldo non prende il sopravvento su una temperatura di servizio accettabile. A mezzo sorso un originale accenno minerale-fumè che immagino derivi dall’invecchiamento arricchisce la bevuta, che termina con un finale piuttosto lungo e la conferma della capacità di ulteriore affinamento.

Bella bevuta, piuttosto semplice ma assai gradevole, da provare ancora magari accanto ad un millesimo più recente per valutarne le differenze, sempre in accompagnamento felice a piatti estivi: paste fredde, torte di verdura, pesce.

Il bello: Fresco, gradevole senza banalità

Il meno bello: nulla da segnalare

 

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Vino contro birra, alla Ligure

Luci e ombre nella serata “Vino contro birra” del 25/9 organizzata da Papille Clandestine presso il ristorante “Il Genovese“.

Il format è quello oramai classico, inventato dalla coppia Schigi (Luigi D’Amelio: sommelier, esperto di birra e da qualche tempo anche produttore birrario) – Kuaska (Lorenzo Dabove, il massimo cultore della birra in Italia): una cena e per ogni piatto sono proposti sia un vino che una birra. Dopo ciascuna portata i commensali votano l’abbinamento migliore. Alla fine si decreta il vincitore.

Chi conosce i due protagonisti sa che queste serate sono ben lontane dal tipico appuntamento “cena con abbinamento vini” con produttore o sommelier un pochino ingessati che fanno la canonica introduzione più degustazione tecnica e via.
Kuaska è inarrestabile e scoordinato. Coinvolge e diverte, narciso e logorroico: una fucina di aneddoti che sgorgano senza soluzione di continuità per tutta la durata di ogni evento.
Schigi è meno torrentizio, più moderato (anche se imbarazza un poco accostare questo termine ad uno dei più accaniti polemisti-flamer che si sia mai incrociato su internet), ma anche più focalizzato e preciso nel descrivere il prodotto presentato.
Entrambi puntano tutto sulla comunicatività e sulla simpatia, senza alcun formalismo.

Nella fattispecie, la serata si svolgeva presso “Il Genovese”, ristorante in pieno centro di Genova, specializzato in piatti della tradizione.

Il menu e gli abbinamenti:

Le mie considerazioni.

Torta pasqualina: una buona torta di verdura, non una pasqualina (lo so che ci sono molte ricette, ma per me se non ci sono uovo e carciofi non è corretta), e andava a meraviglia con il sapido Colfondo a bilanciarne la dolcezza. Accoppiamento con la birra poco felice: data anche la presenza di Kuaska (detto il Principe del Pajottenland) avrei visto decisamente meglio una Gueuze.

Gnocchi al pesto: buoni, ma decisamente troppo poco aglio per essere in un ristorante che fa della tradizione la sua bandiera. Abbinamento non perfetto in entrambi i casi: il pigato era un po’ troppo “ciccione”, e il bouquet della birra male assortito con la salsa.

A margine: nessuna delle due proposte di 32 Via dei Birrai mi ha convinto, eppure in passato ho assaggiato cose interessanti di questo produttore. Bottiglie sfortunate? Abbinamenti non ottimali? Serata mia particolare? Forse questa ultima, visto che altri astanti hanno gradito.

Brandacujun: bel piatto; abbinamento un filo ardito (pesce e rosso) ma sicuramente riuscito con il Santa Maddalena, che ha un tannino lievissimo e corpo medio. Male la accoppiata con la Beerbera, birra che mi piace molto ma che personalmente vedo bene con affettati o formaggi di media grassezza.

Polpette di mucca cabannina: piatto molto piacevole e abbinamenti entrambi riusciti: il Santa Maddalena accompagna senza sovrastare la polpette, piuttosto delicate, e l’amaro e la aromaticità presenti (ma non eccessivi) della Ambrata conducono bene al boccone successivo.

Pinolata: buona, ma molto ricca e pesante, in particolare al termine di una cena con diverse portate e con porzioni non risicate. Sulla carta l’abbinamento con la Papessa (una imperial stout sui generis, ma comunque molto caffettosa e tostata, più adatta a cioccolate o magari erborinati) era una follia, ma tutto sommato non è andata peggio che ad una malvasia piuttosto deludente.

Al mio personale cartellino, e non solo, la vittoria è andata al vino.

Conclusione: cibo, vini e birre di livello adeguato, in particolare considerando i 30 euro di spesa comprese le bevande.
Note negative: davvero troppo lunga la serata, con il canonico inizio in ritardo e troppa attesa tra le portate, forse anche a causa del pienone e della logistica delle presentazioni degli abbinamenti e della raccolta dei voti  (il ristorante è su due piani).

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