Cheap Thrills n.4: Soave Classico Calvarino 2010, Pieropan

Quarto appuntamento con i vini di Cheap Thrills e si risale lo Stivale fino ad arrivare in provincia di Verona, per assaggiare uno dei Soave Classico più noti, quello prodotto dalla azienda Pieropan.

La zona di Soave presenta un interessante terreno di origine vulcanica su cui si coltiva principalmente Garganega (da utilizzare almeno al 70%, secondo disciplinare, con eventuali saldi di Chardonnay e Trebbiano), un vitigno che recentemente è stato oggetto di grande rivalutazione da parte di molti vigneron della “nuova ondata naturale” (Maule, ad esempio), che lo vinificano con macerazione sulle bucce più o meno intensa.

calvarino

Il Soave è una di quelle denominazioni “storiche” un po’ trascurate dagli appassionati, forse a causa di una qualità media non eccelsa in passato; a questa relativa dimenticanza Pieropan (39 ettari che producono circa 380.000 bottiglie ogni anno) si oppone con una tradizione centenaria, una costante ricerca della qualità e ben tre versioni di Soave Classico, il vino simbolo della azienda: una più semplice e giovane e due crus, Calvarino e La Rocca.

Oggi assaggiamo il Calvarino, che deriva il nome dal “piccolo Calvario” del terreno difficile e tortuoso.
I dati tecnici: terreno vulcanico a 200/300 metri di altitudine, ricco di basalti e tufo; allevamento a pergola con viti di età da 30 a 60 anni e raccolta manuale. Fermentazione in vasche di cemento vetrificato con temperatura controllata, poi maturazione sempre in vetrocemento.

Denominazione: Soave Classico DOC
Vino: Calvarino
Azienda: Pieropan
Anno: 2010
Prezzo: 15 euro

Francesca

Marco

Ho scelto questa bottiglia dietro consiglio di Giovanni il nostro (mio e di Marco) “cantiniere” di fiducia e grande conoscitore di vini.

Quando mi ha proposto il Soave ho pensato che effettivamente era da  tempo che non ne assaggiavo uno, e che non si trova nella lista dei miei preferiti ma il panorama vinicolo è davvero molto vasto, principalmente per tutte le variazioni che dipendono dall’intervento del produttore e dall’impronta che decide di voler dare al proprio prodotto.

Ho quindi deciso  che sarebbe stato il protagonista di questo nostro appuntamento.

Il giallo paglierino di questo Soave ha ancora riflessi verdolini che indicano un vino ancora giovane, l’anno riportato in etichetta è il 2010.

I profumi sono delicati e ricordano il ciliegio e in generale la famiglia dei fiori bianchi dando al vino una nota leggermente dolciastra al naso.

L’entrata è piacevole, buona la sapidità e la freschezza, mi sento di premiare di più il gusto rispetto all’olfatto che forse è un po’ limitato. Unica nota spiacevole una leggera e appena accennata rifermentazione in bottiglia che sparisce al secondo sorso.

Mi mette di buonumore già dalla bottiglia renana, che mi ricorda i rielsing. Il colore ha pure lui accenni nordici, con un paglierino bello brillante ed accenni dorati.

L’ofattivo non è né intenso né troppo complesso, ma estremamente delicato ed elegante: sento fiori bianchi freschi, l’agrume (ananas) e un tocco minerale.

In bocca entra pieno, ricco, caldo e abbastanza morbido; freschezza e sapidità ci sono, in particolare l’acidità è robusta, ma senza essere predominante come mi sarei aspettato date giovinezza e colore, quindi l’equilibrio è davvero perfetto.
Sorso piacevole e facile nonostante il calore (che avrei detto superiore ai 12,5 dichiarati), con un amarognolo finale appena accennato e una volta tanto piacevole, che serve a pulire la bocca e a riprendere a bere. Finale lungo.

In conclusione: un vino apparentemente semplice ma ben fatto, che si beve in maniera contagiosa, e che definirei duttile nell’abbinamento, dall’aperitivo al pesce, dalle torte di verdura ai dai risotti.

Partivo senza aspettative a causa della limitatissima frequentazione con i Soave, e sono stato piacevolmente sorpreso. Molto meglio in bocca, mentre l’olfattivo è un poco sacrificato.

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Cheap Thrills n.3: Greco di Tufo, Cantine dell’Angelo

Saltellando tra Nord e Sud, dopo Alsazia e Sicilia, per Cheap Thrills è il momento di fermarsi in Campania.

Greco di TufoL’azienda Cantine dell’Angelo, situata, è facile intuirlo, a Tufo (provincia di Avellino), è condotta da Angelo Muto, la cui famiglia produce vino da diverse generazioni ma che solo recentemente ha deciso di vinificare in proprio, peraltro ottenendo subito soddisfazioni e riconoscimenti con il Greco di Tufo.

La particolarità dei cinque ettari di vigneto è di crescere a circa 400 metri di altezza (quindi subendo decise escursioni termiche) sul suolo di una vecchia miniera di zolfo, cosa che molto probabilmente incide in maniera evidente sul profilo sensoriale, nettamente minerale, delle circa 18.000 bottiglie di vino prodotte ogni anno; la raccolta delle uve è manuale, data la pendenza del terreno, e la vinificazione è effettuata in acciaio.

Denominazione: Greco di Tufo DOCG
Vino: Greco di Tufo
Azienda: Cantine dell’Angelo
Anno: 2010
Prezzo: 14,5 euro

Francesca

  Marco
L’assaggio di questo mese vede protagonista il Greco di Tufo Cantine dell’Angelo.

Nel bicchiere un bel giallo paglierino invita subito all’assaggio ed evoca il sole che abbraccia questi vigneti e la sua terra.
Al primo naso una nota minerale spicca per franchezza e intensità, va a completare il bouquet dei profumi non troppo ampio ma fine un piacevole sentore fruttato. La mineralità tipica del vitigno è sicuramente rafforzata dalla composizione del terreno che è particolarmente ricco di zolfo, e che fa sentire la sua presenza nel bicchiere declinando in profumi che vanno dalla pietra focaia all’idrocarburo.

All’assaggio mi rendo conto della buona struttura di questo Greco di Tufo. Equilibrio sensoriale ben tenuto tra sapidità e freschezza, ottima anche la pai (persistenza aromatica intensa) che non lascia la bocca prima di diversi secondi regalando un finale lungo.

La freschezza il buon equilibrio e la sapidità ne fanno un vino assolutamente tipico.

Nel bicchiere è bello da vedere, con un giallo paglierino quasi dorato, intenso, e di buona consistenza.
Al naso delude leggermente: è poco intenso e non particolarmente complesso: domina il minerale, anche lievemente affumicato, con fiore e frutto poco presenti; in fondo scorgo un leggero vegetale (erbaceo) non del tutto a registro.
Entra in bocca bene, pieno, caldo e decisamente sapido e all’assaggio emergono sensazioni pietrose e di pompelmo; purtroppo la parte centrale del sorso è un po’ vuota, come se le durezze non fossero supportate completamente dal corpo.
Si beve comunque con facilità, l’alcol è ben mascherato e il calore si amalgama convinto con sapidità e acidità, che restano decisamente preponderanti.
La chiusura è leggermente amarognola e il finale è abbastanza lungo: direi che nel complesso il sorso è intenso e piacevole.
Lo definirei tranquillamente pronto, anche perché un certo squilibrio verso le durezze (che, temo, col tempo potrebbero attenuarsi) è motivo della sua caratteristica piacevolezza.

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Cheap Thrills n.2: Frappato 2011, COS

Secondo incontro con le recensioni di vini al tempo della crisi e dall’Alsazia del primo appuntamento ci spostiamo in Italia, nella Sicilia sud-orientale, con un salto ideale di oltre 1800 chilometri,
Il produttore è la Azienda Agricola COS (dalle iniziali dei tre soci fondatori), esistente dal 1980, condotta con un certo piglio contemporaneo (ad esempio regime biodinamico, uso di anfore e coltivazione di vitigni autoctoni con concessioni agli internazionali in una sola referenza) e il cui vino simbolo è sicuramente il Cerasuolo di Vittoria.

frappato COSIl vino che abbiamo scelto di assaggiare è un nome magari meno importante del Cerasuolo (unica DOCG regionale), ma molto celebrato sulle varie guide e nel passaparola degli appassionati: il Frappato, millesimo 2011.

I dati tecnici: uva Frappato al 100% coltivata a circa 250 metri sul livello del mare con ridotta resa per ettaro (circa 50 quintali), fermentazione in vasche di vetrocemento e affinamento in cantina di 12 mesi.

Denominazione: Sicilia IGT
Vino: Frappato
Azienda: COS
Anno: 2011
Prezzo: 12 euro

Francesca

Marco

Eccoci al nostro secondo appuntamento, ammetto che questo vino è stato un po’ un rompicapo.

Il mio assaggio è iniziato saltando una fase importante, che in gergo tecnico viene chiamato esame visivo, e che a volte per la curiosità decido di mettere in secondo piano rispetto all’esame olfattivo.
Sono rimasta sorpresa e un po’ spiazzata, perché effettivamente la nota che mi è saltata al naso era balsamica e di spezie, profumi che fanno pensare a un vino evoluto. Ho riletto l’etichetta credendo di essermi sbagliata ma effettivamente l’anno riportato è il 2011.

Provo a ricominciare, e questa volta non tralascio l’esame visivo, quello che è nel bicchiere è un bel rosso rubino che effettivamente conferma la giovane età. Prima annusata (olfazione sarebbe il termine tecnico) e sento che la nota balsamica è andata via lasciando il posto a una spezia che stento un po’ a riconoscere.
Pensa, annusa, pensa, annusa, ecco si accende la lampadina giusta: è senape, un buonissimo profumo di senape, che a me solitamente non piace ma che ho apprezzato molto in questo vino perché non è esasperata. In un secondo tempo arriva anche una nota di frutta rossa sotto spirito.

All’assaggio ritornano tutti i profumi e con piacere dico che il vino ha davvero un ottimo equilibrio, la speziatura non è troppo invadente ed è supportata da una buona struttura.
A chiudere l’ultimo sorso è un tannino appena accennato che accarezza il palato lasciandolo pulito. Capita spesso di bere vini buoni e fatti bene, ma che non sono proprio immediati, per quello che mi riguarda posso dire che questo sia uno di quelli che lascia un impronta facilmente riconoscibile.

Complimenti all’azienda agricola Cos.

Non mi piace parlare male di un vino, in particolare se è il prodotto di un artigiano o comunque di una piccola azienda: in ogni caso in una bottiglia ci sono un anno o più di lavoro e di fatica e ci sono gli investimenti in denaro e in emozione di persone che fanno un lavoro che ha la caratteristica di una aleatorietà estremamente elevata: basta una grandinata al momento sbagliato per gettare al vento un intero raccolto.

Detto questo, io sono un consumatore e come tale sento il diritto di esprimere una opinione non positiva, ovviamente motivandola; in più la formula delle recensioni doppie mi consente di mitigare il timore di affossare un prodotto solo sulla base della classica “bottiglia sbagliata”.

Al dunque: nel bicchiere è rosso rubino con accenni porpora, segno di  bella giovinezza e vitalità, ed molto fluido. Fino a qui tutto bene: corrisponde al vino che avevo immaginato.

I problemi iniziano all’olfattivo: c’è una nota dominante di rosmarino decisamente  troppo invadente e del tutto monocorde, se non fosse per un accenno di ferrosità e persino di medicinale. Insomma, un naso del tutto sgraziato.
Provo ad assaggiarlo, ma le sensazioni dominanti sono esattamente le stesse: davvero difficile proseguire, per questo decido di lasciarlo riposare  aperto e rimando il tutto al giorno successivo.

Secondo tentativo: la situazione è migliorata, nel senso che la sgradevolezza olfattiva è quasi del tutto scomparsa, ma resta sempre solo il rosmarino troppo carico e poco altro, se non un ribes grossolano.

L’assaggio scivola via molto semplice, senza particolari rivelazioni se non gli echi di quanto avvertito con il naso. C’è freschezza, un tannino lievissimo, poca sensazione alcolica e persistenza corta.

Davvero, non mi sento di scrivere granché altro: non posso credere che questo sia il “vero” Frappato, mi pare evidente di essermi imbattuto in una bottiglia poco felice, e me lo conferma la lettura di quanto scritto qui accanto da Francesca.

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Cheap Thrills n.1: Pinot Gris Réserve 2007, Trimbach

Cosa c’è di più surreale di iniziare una rubrica nata e pensata per ospitare pareri su vini dal prezzo “rigorosamente sotto ai 15 euro” con un prodotto che in enoteca viene via a 17 euro? Forse pensare che la bottiglia la ha scelta Francesca, che, solitamente precisa e rigorosa, in questo caso ha rivelato un sorprendente animo dadaista: al prossimo giro mi aspetto una boccia di Krug o una di gazzosa, così, tanto per fare casino…

Pinot-Gris-Reserve-Trimbach

Un accenno veloce alla azienda e al prodotto:Trimbach è un nome storico della viticultura alsaziana: da oltre quattrocento anni ben ventitré generazioni si succedono nella vinificazione di tutto lo spettro dei classici di questa regione.
La produzione è segmentata in Classic (i prodotti base), Reserve (da parcelle selezionate di vecchie vigne), “Reserve Personnelle” (dai terreni più vocati, prodotti solo in certe annate) e una piccola gamma di Vendanges Tardives e Sélection de Grains Nobles.

Il vino di cui parliamo oggi è il Pinot Gris Reserve 2007.

Ovviamente pinot grigio al 100%, viene vinificato in acciaio e non svolge la malolattica; buone premesse: il produttore lo dichiara adatto ad un invecchiamento di 5-10 anni e sostiene che il 2007 sia una ottima annata.
Andiamo a incominciare.

Denominazione: Alsace AOC
Vino: Pinot Gris Réserve
Azienda: Trimbach
Anno: – 2007
Prezzo: 17 euro

Marco

Francesca

Il primo impatto non è felicissimo: in realtà lo avevo  massacrato stappandolo in abbinamento criminale ad un piatto in cui era presente abbondanza di carciofi.. Rimesso il tappo e riprovato il giorno seguente in condizioni più civili, è stata tutta una altra musica.

Alla vista è paglierino-dorato e visibilmente consistente; appena lo porti al naso risulta netta la sensazione di affumicato e minerale, poi spunta un accenno di pera: direi non troppo intenso e compresso ma sicuramente elegante.

Entra in bocca con corpo molto pieno e caldo (i 13,5 gradi si sentono tutti). Mentre assaggiavo, in diretta ho scritto: “residuo zuccherino non percettibile o perlomeno minimo, cosa non scontata con gli alsaziani”, poi ho guardato la scheda tecnica e sono stato smentito alla grande: si dichiarano 7,1 g/l ma davvero non infastidiscono, probabilmente perché bilanciati da notevoli freschezza e sapidità. In effetti dopo il pasto, finendo la bottiglia senza cibo, a fine sorso resta in bocca un velo di dolcezza che comunque non scade nello stucchevole, e il vino è sicuramente da definirsi secco.

Il finale è abbastanza lungo, con un accenno amarognolo (mandorla, noce) che a mio parere lo penalizza lievemente.
Certamente è un vino da consumare pasteggiando (lo vedo bene con qualcosa di  grasso, ad esempio salmone o formaggi di media stagionatura o una quiche) ed è da servire non troppo freddo per non mortificare gli aromi delicati e non esaltare eccessivamente le durezze.

La conclusione è di un vino di buon livello, svolto ottimamente; Il lieve difetto è quello di una alcolicità davvero notevole, che lo rende adatto esclusivamente in abbinamento, e di una personalità non spiccata: onestamente alla cieca non credo avrei capito che si trattava di un alsaziano.
Sarei curioso di riprovarlo tra qualche anno per valutarne l’evoluzione. di sicuro ha ancora possibilità di percorrere molta strada.

Questo articolo è nato dall’idea di Marco di mettere a confronto due degustazioni dello stesso vino, non è una gara tra palati ma un modo di dare differenti punti di vista sullo stesso prodotto, parliamo appunto del Pinot Gris Trimbach di cui avete già potuto leggere qualche nota tecnica fornita da Marco. Si presenta nel bicchiere con un brillante giallo paglierino. I primi profumi che si percepiscono al naso  sono sicuramente una nota di frutta secca  e una nota di vaniglia poco accennata, predominante è il miele che per una questione di gusti personali non mette questo vino tra i miei preferiti, decido comunque di proseguire senza farmi influenzare dal mio gusto personale e cercando di mantenere l’obbiettività . Al primo assaggio il pinot grigio non delude, anzi si sentono in modo più marcato tutti i profumi, spicca un sentore di frutta essiccata e ritorna anche la mandorla. Sicuramente la spina dorsale di questo vino è una buona acidità, e un altrettanto buona mineralità che nel complesso danno un piacevole equilibrio. A lasciarmi un pò in dubbio è questa nota di miele che non mi convince pienamente, ma che non mette in discussione la qualità complessiva di questo vino.

 

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Cheap Thrills: recensioni di vini al tempo della crisi

cheap thrillsCheap Thrills in breve:
Francesca ed io abbiamo deciso una cosa che crediamo interessante: a cadenza più o meno regolare uno dei due sceglierà in enoteca un vino rigorosamente sotto i 15 euro; tutti e due lo assaggeremo e ne scriveremo da soli, in autonomia.
Obiettivo: scovare piacevolezze (o schifezze) da bere a buon mercato e sfatare il mito della degustazione oggettiva; inoltre crediamo che il casino pseudo-organizzato delle due recensioni alla cieca l’una dell’altra possa aggiungere un pizzico di divertimento.

A breve la prima puntata di Cheap Thrills.

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