Myrtus 2009, Domaine Saint Armettu

[Disclaimer: bottiglia regalata. Il prezzo dovrebbe aggirarsi sui 20 Euro]

I pochi vini Corsi che ho avuto occasione di assaggiare non mi hanno mai troppo soddisfatto: li ho trovati spesso troppo grassi, direi quasi grevi, sono quindi rimasto piacevolmente sorpreso da questo Myrtus del Domaine Sant Armettu, che ho trovato meno alcolico, pesante, materico.

Il vino, una AOC Sarténe, è un blend di uve piuttosto classiche per i prodotti Corsi (Sciacarellu, Niellucciu, Syrah e Grenache), coltivate sulla costa sud-occidentale dell’isola, sulle colline sovrastanti il golfo di Propriano e la baia di Tizzano.

Domaine Saint ArmettuLa cosa migliore è forse il naso: di buona intensità, con frutta rossa non troppo macerata, leggera speziatura e un filo di etereo, smaltato, magari non elegantissimo, ma che si concede una discreta personalità.

L’alcolicità non particolarmente alta riesce a mascherare la non eccellente carica di durezze (acidità e tannino) , facendolo restare comunque discretamente bevibile.
Il finale leggermente amaro che lo penalizza, pur essendo abbastanza consistente in bocca scivola via un pochino irrisolto, svanendo con troppa destrezza.

Vino che forse avrebbe certe ambizioni, e che non riesce a raggiungere, ma che comunque cade in piedi, senza farsi male, in una dimensione di piacevole vino quotidiano.

L’abbinamento più ovvio è quello con carni, magari in umido, o con primi piatti di una certa struttura (ad esempio paste con sughi di carne).

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Vino contro birra, alla Ligure

Luci e ombre nella serata “Vino contro birra” del 25/9 organizzata da Papille Clandestine presso il ristorante “Il Genovese“.

Il format è quello oramai classico, inventato dalla coppia Schigi (Luigi D’Amelio: sommelier, esperto di birra e da qualche tempo anche produttore birrario) – Kuaska (Lorenzo Dabove, il massimo cultore della birra in Italia): una cena e per ogni piatto sono proposti sia un vino che una birra. Dopo ciascuna portata i commensali votano l’abbinamento migliore. Alla fine si decreta il vincitore.

Chi conosce i due protagonisti sa che queste serate sono ben lontane dal tipico appuntamento “cena con abbinamento vini” con produttore o sommelier un pochino ingessati che fanno la canonica introduzione più degustazione tecnica e via.
Kuaska è inarrestabile e scoordinato. Coinvolge e diverte, narciso e logorroico: una fucina di aneddoti che sgorgano senza soluzione di continuità per tutta la durata di ogni evento.
Schigi è meno torrentizio, più moderato (anche se imbarazza un poco accostare questo termine ad uno dei più accaniti polemisti-flamer che si sia mai incrociato su internet), ma anche più focalizzato e preciso nel descrivere il prodotto presentato.
Entrambi puntano tutto sulla comunicatività e sulla simpatia, senza alcun formalismo.

Nella fattispecie, la serata si svolgeva presso “Il Genovese”, ristorante in pieno centro di Genova, specializzato in piatti della tradizione.

Il menu e gli abbinamenti:

Le mie considerazioni.

Torta pasqualina: una buona torta di verdura, non una pasqualina (lo so che ci sono molte ricette, ma per me se non ci sono uovo e carciofi non è corretta), e andava a meraviglia con il sapido Colfondo a bilanciarne la dolcezza. Accoppiamento con la birra poco felice: data anche la presenza di Kuaska (detto il Principe del Pajottenland) avrei visto decisamente meglio una Gueuze.

Gnocchi al pesto: buoni, ma decisamente troppo poco aglio per essere in un ristorante che fa della tradizione la sua bandiera. Abbinamento non perfetto in entrambi i casi: il pigato era un po’ troppo “ciccione”, e il bouquet della birra male assortito con la salsa.

A margine: nessuna delle due proposte di 32 Via dei Birrai mi ha convinto, eppure in passato ho assaggiato cose interessanti di questo produttore. Bottiglie sfortunate? Abbinamenti non ottimali? Serata mia particolare? Forse questa ultima, visto che altri astanti hanno gradito.

Brandacujun: bel piatto; abbinamento un filo ardito (pesce e rosso) ma sicuramente riuscito con il Santa Maddalena, che ha un tannino lievissimo e corpo medio. Male la accoppiata con la Beerbera, birra che mi piace molto ma che personalmente vedo bene con affettati o formaggi di media grassezza.

Polpette di mucca cabannina: piatto molto piacevole e abbinamenti entrambi riusciti: il Santa Maddalena accompagna senza sovrastare la polpette, piuttosto delicate, e l’amaro e la aromaticità presenti (ma non eccessivi) della Ambrata conducono bene al boccone successivo.

Pinolata: buona, ma molto ricca e pesante, in particolare al termine di una cena con diverse portate e con porzioni non risicate. Sulla carta l’abbinamento con la Papessa (una imperial stout sui generis, ma comunque molto caffettosa e tostata, più adatta a cioccolate o magari erborinati) era una follia, ma tutto sommato non è andata peggio che ad una malvasia piuttosto deludente.

Al mio personale cartellino, e non solo, la vittoria è andata al vino.

Conclusione: cibo, vini e birre di livello adeguato, in particolare considerando i 30 euro di spesa comprese le bevande.
Note negative: davvero troppo lunga la serata, con il canonico inizio in ritardo e troppa attesa tra le portate, forse anche a causa del pienone e della logistica delle presentazioni degli abbinamenti e della raccolta dei voti  (il ristorante è su due piani).

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Borgogna in bianco e nero

Qualche immagine della Borgogna in Agosto.

Niente report: è stata una vacanza un pochino improvvisata e ho scoperto che non è un gran periodo per la visita (molti ristoranti e molti produttori di vino erano chiusi).

Quello che posso dire è che Beaune e dintorni vivono di cultura enogastronomica: c’è una casa vinicola ad ogni passo (e molte sono antichissime), i paesi pullulano di enoteche, il paesaggio vitato è straordinariamente coreografico e curato e i paesini sono caratteristici e interessanti anche per i non enomaniaci.

Il problema, come facilmente immaginabile, sono i prezzi: per il dormire si trovano molte camere a tariffe oneste, e tutto sommato con ristoranti e bistrot ci si arrangia, ma non appena si tocca il vino il discorso cambia.
Il servizio al bicchiere è estremamente caro, direi che si cerca di disincentivarlo per quanto possibile, e cenare con un paio di bottiglie discrete è davvero impegnativo.

Alcune note sparse:

– ho notato che alcuni ristoranti importanti propongono menu degustazione a prezzo ridotto a mezzogiorno: è il caso di approfittarne
– in pieno centro di Beaune c’è Athenaeum, una libreria (ma non solo) in cui si può trovare tutto il desiderabile sull’argomento vino, compresa una enoteca fornita e un piccolo angolo degustazione con proposte sempre variabili ed interessanti
– sempre in città, c’è un posto curioso ma che vale davvero qualche ora di visita. Si tratta de la Cave de l’Ange Gardien, un sottoscala gestito da una coppia di mezza età che, su prenotazione, propone un lunghissimo e interessantissimo percorso di degustazione di molte denominazioni locali. Davvero consigliato.

From Borgogna Agosto 2012
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Terroir Vino 2012

Pur patendo ancora i postumi di Pasturana ho inforcato gli occhiali da sole per occultare almeno parte dei disastri alcolici del sabato e, dirigendomi ai Magazzini del Cotone di Genova per Terroir Vino (TV, d’ora in poi), ho detto quello che si dicono quelle signore perennemente a dieta: “vabbè dai, ormai che ho spazzolato tutto il cabaret delle paste è inutile rifiutare anche la meringata. Da domani basta”.

Era la mia terza presenza a TV, finalmente con in tasca il certificato da pinguino. Ricordo che la prima volta entrai con tante belle idee sul mondo del vino, in particolare su come finalmente potevo mascherare da seduta didattica la preoccupante attitudine a dedicare una giornata all’etilismo. Ricordo anche che TV, a noi neofiti, desse l’impressione di una manifestazione più accessibile delle altre, meno rivolta agli addetti ai lavori o agli appassionati so-tutto-io. La prima volta non si scorda mai: l’esordio fu infatti molto istruttivo. Mi approcciai al tavolo di un produttore di grido della Franciacorta, chiesi di assaggiare un vino, e poi un secondo; a questo punto venni gelidamente cazziato dall’espositore per aver sbagliato l’ordine di servizio della degustazione. Ecco, quel momento di pubblico imbarazzo mi aprì definitivamente le porte della percezione su molti dei riti e delle gerarchie consolidate dell’enomondo.

La cronaca. Il posto (mi rifiuto di scrivere “location”) è meraviglioso, e la bella giornata di sole esalta ancora di più la clamorosa vista sul porto; c’è spazio a sufficienza, il condizionamento funziona e in un salone attiguo ci sono i divanetti  per poter fare “decompressione” di tanto in tanto. L’organizzazione è teutonica: all’ingresso, oltre a bicchiere e portabicchiere di ordinanza, ti danno un libricino con la mappa degli espositori e i relativi vini, passano di continuo camerieri con vassoi di torte di verdure e panini per asciugare lo stomaco e le sputacchiere non sono mai traboccanti. Su tutto aleggia la presenza del moghul Filippo Ronco, che, incravattato e agghindato in completo blu da bancario (dress code curioso per un alfiere dell’informalità e del duepuntozero), si aggira ubiquo a sovrintendere.

Pubblico misto: accanto a carneadi come me con zaino e blocchetto in mano, molti volti noti. Avvistata anche coppia marito-moglie, ciascuno prendere appunti sul proprio iPad: o tempora o mores! Per fortuna pochi gli esemplari di eno-fenomeni, ma qualche genio che cercava lui stesso di spiegare al produttore il suo (del produttore) vino l’ho trovato: temo sia impossibile selezionarli e abbatterli all’ingresso. Notevole la totale assenza di membri di spicco di AIS.

Ho avuto l’impressione ci fosse meno gente rispetto alle precedenti visite e mi pare ci fosse anche una presenza più sobria degli espositori (per capirci, meno ragazze-immagine ai tavoli). Sicuramente ho notato meno sbandamenti alcolici e meno bicchieri rotti a fine pomeriggio. Vi risparmio la litania dei meglio e dei peggio assaggi, appunto alla rinfusa solo qualche nome: la perfetta eleganza e finezza del Bricco delle Viole dei Vajra, la fresca sapidità del Colfondo di Bele Casel, la composta aromaticità del moscato giallo di Lageder, il gioioso fruttato dello Zero di Pojer&Sandri, la concentrata potenza dei Taurasi del Cancelliere, la bella storia del Ciso, sorprendentemente balsamico.

Punto interrogativo della giornata, la Degustazione dal Basso (d’ora in poi DdB) cui ho partecipato: devo ancora decidere se sia trattato di una minchiata (scusate l’eufemismo) o di un evento quasi riuscito. Vado a spiegare: le DdB sono, per come le definisce l’ideatore, “vini e territori raccontati in modo conviviale e comprensibile, da persone comuni ma competenti e soprattutto “vicine”, per nascita o scelte di vita, al luogo che scelgono di raccontare”. Bello. Ho pagato i 20 sacchi necessari (che davano diritto anche all’ingresso a TV) e ho prenotato questa: “I principali Terroir Champenois raccontati da Mike Tommasi attraverso una degustazione orizzontale di bollicine francesi di grande interesse: Vallée de la Marne, Côte des Blancs, Montagne de Reims, Côte des Bar”. Sono stati serviti cinque champagne: P.Agrapart-Minéral 2005, B.Lahaye-Rosé de Macération, O.Horiot-Sève Rosé de Saignée en Barmont 2007, B.Tarlant-Cuvée Louis, F.Boulard-Petraea XCVII-MMVII, F.Pouillon-2XOZ. Molto buono il primo, fine e minerale, così così i due rosè (il primo dei due parte male, poi, lasciandolo nel bicchiere, si riprende e guadagna un lieve tocco di arancia. Il secondo, che avrebbe un piacevole accenno di bitter, resta incagliato in qualcosa di non compiuto al naso). Terzo e quarto vino mi sono sembrati immensi. Entrambi lunghissimi e cremosi, il Tarlant, oltre a un lieve affumicato, finalmente mi permette di capire il significato delle lisergiche “note di pasticceria”, mentre il Boulard (vinificato in solera) offre grande complessità senza sacrificare la piacevolezza. Meravigliosi. Difficile da giudicare il Pouillon: ha un bel naso di chinotto ma con 32 g/l di dosaggio ricade in una tipologia forse difficile da capire a noi comuni mortali. Purtroppo durante non si è parlato delle varie zone di produzione, da quanto ho capito i vini non erano tipici rappresentanti dei rispettivi terroir, la degustazione non è stata minimamente guidata e la carta geografica fornita ai partecipanti era francamente risibile.

Aggiungerei, ma è una nota di colore, che le ragazze al servizio si sono esibite in una serie di aperture delle bottiglie col bottoche neppure a Piedigrotta la notte di Capodanno. Dopo la terza o quarta esplosione con fontana a corollario, il Ronco con decisione ha preso in mano la situazione ponendo fine all’imbarazzante episodio. C’era un relatore ma la degustazione si è retta sulle osservazioni dei partecipanti stessi. Il fatto che tutto sommato la cosa abbia in qualche modo funzionato credo sia incidentalmente dovuto alla presenza tra gli astanti di tecnici e addetti ai lavori come Mario Pojer, Luca  Ferraro, Dan Lerner (e altri che non ho riconosciuto, ma che sicuramente erano dei tecnici del settore). Francamente, per chi non fosse già esperto, la divulgazione è risultata quantomeno estemporanea e frammentaria. Non ho idea se questa sia la formula di tutte le DdB, credo e spero di no. Nel caso, forse, sarebbe meglio selezionare il pubblico, richiedendo diploma in enologia o titolo di studio equivalente.

Per chiudere, la camminata per recarsi al treno che mi riporterà a casa si snoda in parte in una zona molto popolare (eufemismo); direi che forse è una delle poche volte in cui presentarsi in pubblico con passo malfermo e bicchiere al collo non faccia sentire troppo fuoriluogo. Bello, ma da domani basta.

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AIS: esame di terzo livello

Come il post precedente (e come immagino di fare anche in seguito), rendo disponibili alcune risorse per la preparazione all’esame di terzo livello del corso AIS.

I soliti disclaimer del caso:
– le domande che trovate qui sotto sono quelle che ricordo dopo che sono passati molti giorni, quindi prendetele con il beneficio di inventario: qualcosa ho rimosso e qualcosa lo ricordo male
– i questionari dello scritto sono molti (credo sei), quindi potrebbero capitarvi argomenti diversi
– le domande dell’orale variano ovviamente da commissario a commissario e sono legate allo sviluppo del colloquio con il candidato
– usate quanto segue come una traccia per studiare o come guida per testare la preparazione, non prendetelo come un sostitutivo dello studio: è evidente che non sarebbe sufficiente

Per la mia esperienza l’esame è abbastanza complesso, ma non certo impossibile se si studia. Bisogna partire per tempo e investire la propria disponibilità con una buona costanza per alcuni mesi, magari (molto meglio) trovandosi una volta la settimana con uno o due compagni di studio per verificare la propria preparazione.

Gli argomenti da studiare, è semplice, sono tutti.

Il primo libro, “Il mondo del sommelier” è quello che viene più battuto, sia nell’esame scritto che in quello orale, quindi è da sapere senza esitazione in tutte le sue parti, compresi birre, distillati, vini liquorosi. Date anche una letta alla parte finale che tutti trascurano, quella che parla degli attrezzi del sommelier, della cantina ecc. Forse l’unico argomento che viene trascurato è quello della legislazione, ma immagino sia una contingenza dovuto al fatto che (al momento del mio esame) il libro non era aggiornato.

La tecnica di degustazione è richiesta non solo per l’esecuzione della degustazione (che, lo ricordo, è presente sia allo scritto che all’orale), ma anche come teoria in domande specifiche. Lo stesso accade per la degustazione del cibo e per l’abbinamento cibo-vino e per tutte le schede di valutazione.
Non ci sono scuse, la terminologia della scehda descrittiva del vino deve essere padroneggiata perfettamente, così come il bersaglio di abbinamento cibo-vino: consiglio di fare molte prove con schede “mute” contenenti solo la grafica.

Per quanto riguarda DOC e DOCG, che tipicamente sono lo spauracchio di tutti i corsisti: sì, le domande ci sono, anche se secondo me bastano tutte le DOCG e qualche DOC particolarmente rilevante. Occorre anche sapere i vitigni più importanti di ogni regione. Non è impossibile, se si usa la testa per ragionare oltre che per memorizzare.

Paesi esteri: lasciando da parte la Francia, che ovviamente è da trattare in maniera più approfondita, in generale sono da sapere almeno le zone e i vitigni più importanti di Spagna, Portogallo, Germania, Austria, Stati Uniti, Argentina, Cile, Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica.
Oltre a questo, sono da sapere bene Sherry, Porto, Tokaij, Cava, Madeira.

Il libro sul cibo del terzo livello a mio modo di vedere è fatto mailissimo: ci sono tonnellate di nozioni poco strutturate, a volte anche confusionarie e non sempre rilevanti allo scopo (che, ricordiamolo, è quello di riuscire a fornire un corretto abbinamento con il vino). Il consiglio è quello di focalizzarsi proprio su questo punto: cercare di capire per ogni cibo quali siano le caratteristiche organolettiche principali in modo da associargli un vino in un accoppiamento sensato. Sicuramente ci sono molte domande sui formaggi.

Consigli finali: per lo scritto avete poco tempo. Le cose che veramente contano come punteggio sono la degustazione di vino e cibo e le domande a risposta libera, quindi cercate di padroneggiare le schede descrittive e di abbinamento e buttatevi subito sulle domande aperte, lasciando quelle a risposta chiusa per gli ultimi 10 minuti. Rispondete in maniera completa ma estremamente sintetica (per risparmiare tempo ma anche per evitare di inserire imprecisioni inutili).
Da ultimo: leggete bene le domande! Soprattutto quelle a risposta chiusa nascondono a volte qualche trabocchetto (es. “la distillazione è un processo chimico bla bla ” dove il bla bla è tutto giusto, ma è sbagliata la premessa: si tratta di un processo fisico).

Le domande dell’esame scritto (mie e di qualche compagno) che ricordo:
– formaggi erborinati, alcuni esempi, analisi sensoriale e abbinamenti con vini, motivandoli
– influenza della barrique sui vini bianchi
– 10 vitigni della Puglia
– 10 elementi che influenzano la qualità della vigna
– 5 vini liquorosi di stati diversi con relative zone di produzione
– processo di fermentazione
– temperature di servizio dei vini
– classificazione degli spumanti in base al residuo zuccherino
– tipologie del Madeira
– descrizione della aromaticità del cibo e due esempi di abbinamento cibo / vino motivati
– definizione di untuosità, esempi di cibi e abbinamenti motivati
– docg di veneto e friuli
– descrizione sensoriale del cioccolato con abbinamenti motivati
– formaggi erborniati, cosa sono, caratteristiche, alcuni esempi e abbinamenti motivati
– i puttonyos sono la misura del grado zuccherino del tokaji?
– birre ad alta e bassa fermentazione, differenze ed alcuni esempi
– effetti della anidride carbonica nella degustazione
– terpeni, cosa sono ecc.
– cosa è il pisco
– temperatura ideale della cantina
– temperatura fermentazione vino bianco

Le domande dell’esame orale (mie e di qualche compagno) che ricordo:
– distinguere le varie forme di bottiglia
– distinguere il ruolo di varie forme di bicchiere
– descrizione e funzione del tastevin
– temperature di servizio
– fermentazione (lieviti, acidi ecc.)
– whisky single malt, pure malt ecc.
– descrizione grassezza
– docg delle marche
– processo produzione metodo classico

 

Integrazione del 09/05/2013: per chi deve prepararsi all’esame, segnalo che nel corso dei mesi ho scritto alcuni piccoli “Bignami” su argomenti specifici:

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