Bordeaux for dummies: zone e classificazioni, facciamo ordine!

Approcciarsi ad una (anzi, alla) zona-mito dell’enologia mondiale suscita un misto tra timore (di scrivere minchiate), imbarazzo (di ripetere per la centesima volta le classiche sentenze trite e ritrite), preoccupazione (di non sapere da dove partire).

Nel mio caso il tentativo nasce dalla esigenza personale di cercare di mettere ordine in una serie di nozioni che talvolta credo di aver recuperato ma che poi mi sfuggono. Insomma, avevo necessità di fare un piccolo riassunto a mio uso e consumo, chiaro e semplice come un tempo lo erano gli appunti AIS con i quali il sito era partito tanto tempo fa.

Specifico subito che si tratterà di un Bignamino senza particolari pretese di completezza e senza nessuna rivelazione straordinaria, e che ometterò del tutto la storia del vino bordolese, che richiederebbe uno spazio e una competenza totalmente fuori dalla mia portata, per concentrarmi sulle varie zone e sulle classificazioni.

Immagine tratta da https://vineyards.com/wine-map/france/bordeaux

L’immagine sopra mostra chiaramente la struttura della regione che come noto è ubicata a sud-ovest della Francia, in prossimità dell’Oceano Atlantico e adiacente all’estuario della Gironda, che si forma dall’unione di due fiumi: Dordogna (più o nord) e Garonna.

Sulla riva sinistra si lavora principalmente per blend, con il Cabernet Sauvignon come varietà preponderante e Merlot, Petit Verdot e Cabernet Franc a supporto.
Il suolo è in maggioranza piatto e composto da ghiaia e calcare, ma ci sono ampie variazioni tra i vigneti. I vini tendono ad essere più strutturati e tannici rispetto a quelli della riva destra, dove generalmente predomina il Merlot con saldi di Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Malbec e Petit Verdot. Qui il terreno è prevalentemente pianeggiante ed ha superficie calcarea con meno ghiaia e più argilla.

Le zone vitivinicole principali sono:

  • Riva sinistra
    • Médoc
      • Médoc
      • Haut-Médoc
    • Graves (Pessac Leognan)
    • Sauternes e Barsac
  • Riva destra
    • Libournais
      • St. Emilion
      • Pomerol
  • Entre-Duex-Mers

Médoc

Medoc

Il Médoc si divide in Médoc (a nord) e Haut-Médoc (a sud), dove si trovano i comuni più importanti come St-Estèphe, Pauillac, St-Julien e Margaux.

I vini sono praticamente solo rossi a base principalmente Cabernet Sauvignon, poi Merlot, Cabernet Franc, Petit Verdot e Malbec

Graves

Graves map

Si trova a sud del Médoc, i vini sono rossi (Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet Franc) e bianchi (Sémillon e Sauvignon Blanc).
Il comune principale è Pessac-Léognan

Sauternes e Barsac

Sauternes map

A sud di Graves; vini dolci prodotti da uve attaccate dalla muffa nobile (Botrytis Cinerea).

Libournais

Libournais map

Produzione di vini rossi a base principalmente Merlot e Cabernet Franc. La zona comprende due comuni importanti come Saint-Emilion e Pomerol.

Entre-Duex-Mers

Entre-Duex-Mers map

Produzione principale di vini bianchi secchi a base Sémillon, Sauvignon Blanc e Muscadelle.

Le Classificazioni

Prima del 1855 i vini di Bordeaux non erano ufficialmente classificati, ma la fama dovuta ai commerci e alle esportazioni che fiorivano già da un paio di secoli avevano generato una scala di qualità informale che ad esempio premiava Lafite, Latour, Margaux e Haut Brion.

Curiosamente sarà anche un americano illustre, il futuro presidente Jefferson, a creare la sua gerarchia: avvenne durante la sua visita a Bordeaux nel 1787 e fu il primo ad introdurre tre livelli per i vini del Medoc.

Occorre fare attenzione a non confondere zone, classificazioni e AOC (denominazioni di origine), ad esempio Chateau Margaux (azienda) è un Premier Cru (classificazione) del Medoc (zona) appartenente alla AOC Margaux.

La mappa di Bordeaux è particolarmente complessa per quanto riguarda le classificazioni:

  • Riva Sinistra:
    • Classificazione del 1855 dei vini rossi del Medoc
    • Classificazione del 1855 dei vini bianchi dolci di Sauternes
    • Classificazione dei Cru Bourgeois
  • Riva Destra
    • Classificazione del 1955 di St. Emilion
  • Classificazione del 1959 di Graves

La classificazione del 1855 dei vini Crus Classés del Medoc

La prima vera classificazione, come noto, venne redatta nel 1855 in occasione della Exposition Universelle de Paris per volontà di Napoleone III: centinaia di produttori di Bordeaux avrebbero voluto mostrare i loro vini e migliaia di consumatori sarebbero stati interessati all’assaggio. Poiché sarebbe stato impossibile per ciascun chateau inviare vino a sufficienza, si rendeva necessario un sistema per aiutare i compratori a scegliere.
Ecco dunque che il 18 Aprile 1855 la Camera di Commercio della Gironda creò la classificazione ufficiale appoggiandosi all’esperienza dei negociants.

La classificazione, che includeva 61 chateau e si basava principalmente sul prezzo di vendita che i vari vini spuntavano sul mercato, prevedeva cinque classi di merito per i soli vini rossi della riva sinistra, nel Medoc, eccetto Chateau Haut-Brion (Graves), che non poteva non essere incluso data la sua fama.
All’interno di ciascuna classe, gli chateau erano elencati non in ordine alfabetico ma di “punteggio”.
I vini della riva destra non erano inclusi, in parte perché alcuni nomi mitici come Petrus non avevano ancora iniziato a produrre, in parte perché alcuni vini di queste zone erano di difficile reperibilità per il commercio.

  • Premiers Crus
    • Château Lafite Rothschild, Pauillac
    • Château Latour, Pauillac
    • Château Margaux, Margaux
    • Château Haut-Brion, Pessac (Graves)
    • Château Mouton Rothschild, Pauillac
  • Deuxiemes Crus
  • Troisièmes Crus
  • Quatrièmes Crus
  • Cinquièmes Crus

La classificazione del 1855 ha subito tre sole modifiche, l’ultima delle quali è quella che nel 1973 ha inserito Chateau Mouton Rothschild nei Premiers Crus.
Naturalmente nel corso degli anni ci sono state variazioni nell’estensione e anche nella proprietà di vigneti, e se per i Premiers Crus l’alone di leggenda ha fatto sì che i prezzi restassero al top, nelle classi inferiori non è raro che ad esempio un Cinquieme Cru possa valere più di un Troisieme.

La classificazione del 1855 dei vini Crus Classés dolci di Sauternes

La classificazione del 1855 includeva anche i vini bianchi dolci di Sauternes, ma prevedeva due sole classi, più la Superieur riservata ad Yquem, e si basava sugli stessi criteri utilizzati per i vini rossi del Medoc.

  • Premier Cru Superieur
    • Chateau d’Yquem
  • Premier Cru
  • Second Cru

St. Emilion

Ci sono voluti 100 anni prima che a Bordeaux venisse varata la successiva classificazione: nel 1955 St. Emilon è stato il primo e unico comune della riva destra a produrre la sua gerarchia.
I principi che guidano questa classificazione sono diversi da quelli del 1855: in epoca Napoleonica era valutato lo chateau una volta per tutte, principalmente sulla base del prezzo di mercato dei vini, in questo caso (oltre al prezzo) ad essere valutati sono la reputazione, il terroir, il vino e la tenuta, ed è prevista una revisione ogni 10 anni (l’ultima è del 2012).
Gli chateau che desiderano tentare di essere inclusi nei Premier Cru Classe A devono fornire una campionatura dei vini delle ultime 20 vendemmie.
Le categorie sono:

  • Premier Cru Classe A
    • Chateau Cheval Blanc
    • Chateau Ausone
    • Chateau Angelus
    • Chateau Pavie
  • Premier Grand Cru Classe B
  • Grand Cru Classe di St. Emilion
  • Grand Cru

Pomerol

Vicino a St. Emilion troviamo Pomerol, che non ha una classificazione formale; la sua fama è relativamente giovane se rapportata alle restanti zone di Bordeaux, ma alcuni chateau sono miti assoluti come Petrus e Le Pin.
La zona ha un’estensione limitatissima rispetto alle altre del bordolese e qui è nato il famoso (o famigerato) enologo Michel Rolland.

Graves (Pessac Leognan)

La classificazione di St.Emilion è stata seguita nel 1959 da quella di Graves, che non è mai stata rivista dall’epoca della creazione.
I criteri sono simili a quella della classificazione del 1855: si sono considerati i terreni ma principalmente il prezzo sul mercato attraverso un lungo periodo.
Si suddividono i vini rossi da quelli bianchi, di conseguenza alcuni chateau compaiono solo in una tipologia e altri in entrambe.
Il livello è unico: Grand Cru Classe de Graves.

  • Vini rossi
    • Haut-Brion
    • Bouscaut
    • Haut Bailly
  • Vini bianchi
    • Haut-Brion
    • Bouscaut
    • Carbonnieux

La classificazione dei Cru Bourgeois

La classificazione che è stata creata nel 1932,elencava 444 chateau del Medoc esclusi dalla classificazione del 1855 (oggi ne sono rimasti 267) ed aveva funzionamento evolutivo, infatti è stata rivista più volte nel corso degli anni.
Ad oggi circa il 25% del vino prodotto nel Medoc ricade sotto questa menzione.
In realtà la classificazione originaria non venne ratificata immediatamente e si proseguì con continue modifiche fino alla definizione ufficiale nel 1962.
Questa variabilità (e quella degli anni successivi) hanno partorito innumerevoli litigi: tralascio di inerpicarmi nel sentiero tortuoso delle degustazioni dichiarate non valide dai tribunali e delle dispute di chateau che hanno fatto causa.

La classificazione dei Crus Bourgeois du Medoc prevedeva questa scala:

  • Cru Bourgeois Exceptionnel
  • Cru Bourgeois Superieur
  • Crus Bourgeois

Nel 2008 la Alliance des Crus Bourgeois du Medoc ha ideato una nuova classificazione che dismette i livelli Crus Bourgeois Superieur e Crus Bourgeois Exceptionnel, da aggiornare ogni anno e che si applica ai singoli vini e non agli chateau.
A seguito di questa decisione molte aziende anche prestigiose come Sociando Mallet e Potensac hanno deciso di non voler più restare all’interno della Alliance; per questo tutti i produttori (eccetto due) che prima erano classificati Crus Bourgeois Exceptionnel hanno dato vita ad una organizzazione parallela: Les Exceptionnels.

Dopo vari cambiamenti, la classificazione è stata nuovamente rivista e dal 2020 gli chateau (non più i singoli vini) sono nuovamente inseriti in tre categorie qualitative e le revisioni sono adesso quinquennali.

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Trebbiano d’Abruzzo 2013, Pepe

La storica azienda Emidio Pepe di Torano Nuovo, in Abruzzo, è una di quelle realtà artigiane che del proprio modo fare, biologico ante litteram, hanno beneficiato recentemente, salendo ad una ribalta quasi inaspettata grazie alla new wave vinicola che esalta il non interventismo in vigna e in cantina, la mancanza di filtrazioni e chiarificazioni, i lieviti naturali; insomma, il ritorno ai “sapori di una volta”. Non per nulla la distribuzione è quella TripleA che su questi argomenti lavora con successo da anni.

A seconda degli occhi di chi le legge, la retorica del vino fatto ancora pigiando l’uva con i piedi e figura totemica dell’anziano patron che dichiarava di aver voluto visitare gli States per sapere se laggiù gradivano le sue bottiglie e di aver scoperto così di fare il vino più buono del mondo, possono apparire via via come il traghettamento di una arcaica saggezza verso il mondo moderno oppure  piccole-grandi furberie mercantili d’antan.
Chi scrive, ormai consumatore disincantato e forse fin troppo inaridito nei confronti di certa poesia eno-maniaca, si trova esattamente a metà: da un lato  guardo ammirato alla costanza ferrea nel perseguire determinate vie fin da tempi non sospetti e alla inequivocabile golosità di certi assaggi, dall’altro mi approccio un po’ infastidito al rifiuto preconcetto di qualsivoglia progresso che possa mettere un argine alla elevata (almeno nella personale esperienza) incostanza di bottiglie che hanno ormai raggiunto prezzi decisamente premium.

Denominazione: Trebbiano d’Abruzzo DOC
Vino: Trebbiano d’Abruzzo
Azienda: Emidio Pepe
Anno: 2013
Prezzo: 35 euro

E’ quindi con animo laico che mi avvicino al Trebbiano d’Abruzzo 2013, che appena stappato rivela aromi gentili di fiore bianco, ricordi di cantina e un filo di volatile. Tutto sommato garbato, ma nulla più.

Purtroppo anche l’assaggio gioca nella stessa categoria un po’ monocorde: tantissima l’acidità e poco altro, con un sorso che chiude piuttosto breve, lasciando un vago ricordo di succo d’uva.

E’ il Pepe che non ti aspetti: non ha difetti evidenti come mi è capitato in passato (sbuffi decisi di zolfo) ma neppure è il capolavoro di complessità grazie al quale si perdonano le bottiglie sfortunate… si ferma semmai ad una aurea mediocrità ben poco rilevante, e visto il prezzo non è un complimento.

Il bello: la storia aziendale, la facilità del sorso

Il meno bello: manca di complessità, prezzo importante

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Genova, Tutti i colori del bianco

Nonostante GoWine sia una associazione che da quasi 20 anni si occupa di vino ed organizzi eventi non ricordo di aver mai partecipato ad alcuna manifestazione appartenente a questa ragione sociale,  ma c’è sempre una prima volta, che nel mio caso è arrivata in occasione di “Tutti i colori del bianco“: una rassegna piuttosto eterogenea di vini bianchi italiani.

La faccio breve: dal punto di vista di GoWine immagino ci sia soddisfazione, vista la nutrita partecipazione del pubblica. In qualità di ospite pagante, purtroppo non posso essere altrettanto entusiasta.
Eppure le premesse erano buone: il luogo dell’evento era un hotel elegante in centro città, facilmente raggiungibile con auto, treno e bus, e con abbondanza di parcheggi (a pagamento) nei dintorni; la selezione delle aziende, pur non amplissima, presentava alcuni nomi di livello.

Peccato che l’organizzazione sia difettata in molti aspetti già fin dall’ingresso, rallentato dalle troppe lungaggini per l’acquisto del biglietto.
A seguire: poche grucce al guardaroba, nessuna tasca portabicchiere e un depliant illustrativo dell’evento ridotto a due misere fotocopie piegate in guisa di libretto.

Si entra e nuovamente si resta sconsolati: il biglietto (18 euro, non proprio popolare) dà diritto anche ad un piattino di plastica con 3 pezzetti di focaccia, uno di parmigiano e ad una fettina di salame di qualità eufemisticamente definibile non al top.

In sala non c’è traccia di bottiglie d’acqua o di grissini, ai banchi di degustazione molti vini sono troppo caldi (in una rassegna di vini bianchi non è un peccato veniale), molte vasche del ghiaccio sono piene di acqua dopo soli 30 minuti dall’apertura al pubblico, ed essendo troppo ampie fanno scivolare le bottiglie al loro interno con esiti facilmente immaginabili.

Solerti invece lo svuotamento delle sputacchiere e i rappresentanti di AIS e Fisar al servizio dei banchi “misti” dei consorzi e della Liguria.

Media dei vini non eccelsa: molti troppo giovani, moltissimi penalizzati come già detto da temperature del tutto fuori luogo, e molti naviganti in una aurea mediocritas, ma soprattutto ribadisco i difetti organizzativi.

Sarà per la prossima volta.

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Champagne Vergnon Grand Cru Éloquence

L’azienda di J.L. Vergnon possiede sette ettari nella Cote des Blancs (la zona più mitizzata dagli appassionati di bolle a base Chardonnay), precisamente nel comune classificato Grand Cru di le Mesnil-sur-Oger.

Questo Éloquence è assemblato in gran parte con vino di una stessa annata più il 25% di vini di riserva, vede solo acciaio ed esegue almeno 3 anni di affinamento.

Denominazione: Champagne
Vino: Éloquence
Azienda: J.L. Vergnon
Anno: –
Prezzo: 35 euro

L’aspetto è il classico giallo paglierino scarico, con bolla manco a dirlo sottilissima.
Il naso si declina su eleganti note di mandorla tostata e gesso che si ritrovano poi nel anche sorso, accompagnate all’agrume.
In bocca è piuttosto ricco, pieno e sorretto da grande acidità; il dosaggio è praticamente inavvertibile.
Il finale chiude con una leggera sensazione verde, quasi da frutta acerba e regala una ottima persistenza.

Bel bicchiere, degno accompagnamento di formaggi caprini ma anche parmigiano o primi piatti.

Il bello: naso fine, elegante

Il meno bello: accenno verde a fine sorso

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Nizza 2014, Olim Bauda

Mi sembra che l’avvento della denominazione Nizza sia (finalmente) riuscito a regalare un po’ più di visibilità e dignità alla Barbera di Nizza, vino che, per quanto glorioso, soffre di una certa sottovalutazione da parte di tanti appassionati.
E’ un peccato: le Langhe (e ovviamente il Nebbiolo) ad un tiro di schioppo dimostrano come un territorio vocato e un vitigno storico non bastano per raggiungere il successo planetario, ma devono essere abbinati ad una buona sinergia tra produttori, al buon lavoro di tutti gli attori della filiera turistica ed enogastronimica e ad un adeguato storytelling.

La tenuta Olim Bauda si trova in pieno Monferrato, ad Incisa Scapaccino (pochi chilometri da Nizza Monferrato) e la collocazione geografica si riflette nella produzione: varie tipologie di Barbera, Grignolino, Moscato e qualche incursione nel Nebbiolo e nel Gavi.

Denominazione: Nizza DOCG
Vino: Nizza
Azienda: Olim Bauda
Anno: 2014
Prezzo: 25 euro

Il Nizza 2014 è, ovviamente, una Barbera al 100%, e si presenta con un bel colore rosso rubino, carico, denso e quasi impenetrabile.
Al naso arrivano la frutta rossa sotto spirito e una leggera speziatura dolce, mentre il sorso è pieno, ricco di calore alcolico e piuttosto morbido.
La piacevole acidità e il tannino levigato e decisamente controllato sono perfettamente coerenti con le caratteristiche del vitigno.

Bottiglia magari non troppo complessa ma ottima con l’abbinamento adatto (il classico bisteccone, il tagliere di salumi eccetera).

Il bello: Piacevolmente gastronomica

Il meno bello: Un po’ cara

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Champagne Empreinte Brut 2009, Geoffroy

Talvolta le grandi aspettative vengono deluse, e quando capita con uno champagne è ancora più triste, visto che associamo le bolle alla spensieratezza e all’eleganza.

Le note tecniche parlano del classico dosaggio di 6 grammi per litro su base prevalente di Pinot nero (75%) e poi Chardonnay (20%) e Menunier (5%). Solo succo da prima spremitura e niente svolgimento della malolattica.
Insomma, sulla carta un ottimo prodotto, e invece…
Intendiamoci, non che questo 1er Cru sia cattivo, ci mancherebbe, è che da una bottiglia fatta con uve vendemmiate nel 2009, prodotta da una famiglia storica di vigneron che ha sede in un comune prestigioso come Ay e che possiede 14 ettari nei comuni di Hautvillers, Fleury-la-Rivière e Cumières, ci si aspetta francamente qualcosa di più.

Denominazione: Champagne
Vino: Empreinte Brut
Azienda: Geoffroy
Anno: 2009
Prezzo: 30 euro

Aspetto a parte (perfetto), al naso c’è qualche cenno di nocciola e fruttini rossi e poco altro: gradevole, nulla più.
In bocca la bolla è un po’ spessa, i riconoscimenti si fermano all’agrume e il dosaggio è abbastanza avvertibile, tanto che francamente avrei azzardato ben più dei 6 grammi dichiarati, e alla lunga stanca; chissà che il problema sia dovuto alla acidità moderata?

La destinazione migliore, nonostante la prevalenza del pinot farebbe pensare al tutto pasto, credo sia confinata all’aperitivo.

Insomma, una bottiglia cui è difficile trovare difetti oggettivi, tutto sommato dal prezzo corretto rispetto alla denominazione e al blasone, ma che non entusiasma.

Il bello: prezzo corretto, vino gradevole

Il meno bello: non colpisce

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Friulano Zegla 2010, Renato Keber

Uno dei tópoi dell’appassionato di vino è il classico sbattone per trovare la cantina presso la quale hai prenotato la visita: imposti l’indirizzo sul navigatore, ma tipicamente si tratta di una località di campagna piuttosto isolata (e mi sembra anche giusto) che il malefico aggeggio spesso non conosce oppure, peggio, finge di conoscere e poi invece ti consegna al tuo destino (letteralmente: “la tua destinazione si trova sulla destra”) nel bel mezzo di un bosco o di una strada sterrata senza un casolare nel raggio di qualche chilometro.

Ecco, se una volta vi capitasse una gita nel Collio, mentre vi aggirerete con calma tra colline e paesini, non potrete che rimanere un po’ storditi dal continuo imbattervi involontariamente in aziende vitivinicole più o meno note.
Quanto sopra giusto per testimoniare la vocazione di un territorio praticamente unico nel panorama nazionale.

Il centro di questo piccolo (ma neanche poi tanto) mondo è Cormons, il comune in cui risiede l’azienda di Renato Keber, che gestisce quindici ettari esposti a sud-est della collina Zegla.

Ed è proprio con il nome di questa collina che viene intitolato il Friulano di Renato Keber, una vera e proprio bomba sotto mentite spoglie: solitamente il Friulano è un vino di buon carattere ma rispettoso, difficilmente sopra le righe, amante dell’abbinamento gastronomico, .
Ma questo, appunto, non è il solito Friulano.

Denominazione: Collio
Vino: Friulano Zegla
Azienda: Renato Keber
Anno: 2010
Prezzo: 25 euro

Il liquido è paglierino carico (viene eseguita una lievissima macerazione), dal naso fresco, giovane e ricco di frutta e fiori di campo con in sottofondo richiami alla frutta secca.
Il sorso è molto gustoso, mordente e di grande acidità, tanto che l’alcol (ben 15 gradi) è impossibile da decifrare, così come la struttura: il vino sembra tutto sommato meno imponente di quel che è.
Verso metà o fine sorso curiosamente ho una allucinazione di Sauvignon invecchiato, e poi si chiude ovviamente con la mandorla (ma l’amaro è più che gradevole).

Il potenziale di invecchiamento mi sembra notevolissimo, e, come naturale per il vitigno, si tratta di un vino gastronomico come pochi, capace di abbinarsi  bene a quasi tutto nonostante la possenza, dai taglieri di salumi, ai formaggi di media stagionatura fimo a secondi di carne bianca o pesci salsati.

Il bello: piacevole potenza, gastronomico, ottime possibilità di invecchiamento

Il meno bello: la persistenza potrebbe essere migliore

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La Bardette 2014, Domaine Labet

“Lo Jura è diventato di moda”, mi dice con una smorfia di disgusto un amico commerciante di vini, ma se un articolo sulla rivista dell’AIS e qualche bottiglia in più in distribuzione bastano a certificare come fashionable una regione che la maggioranza dei bevitori neppure saprebbe collocare in cartina, a me inizia a girare la testa. Mi sembra di essere tornato quindicenne appassionato di rock alternativo, quando anche robe come il secondo album dei Jesus & Mary Chain venivano scomunicate come troppo commerciali.

Che poi di questo Jura, cosa vuoi aver bevuto? Sfido la massa degli appassionati seriali: se hanno in saccoccia più di uno Château Chalon, due Arbois e un Cremant a caso già mi levo il cappello.

Ora, facciamo un po’ di ordine: cosa coltivano e per cosa è famoso lo Jura? Le uve maggiormente usate sono chardonnay e savagnin (bacca bianca) e pinot noir, poulsard e trousseau (bacca rossa), e sicuramente i vini più noti sono quelli in stile ossidativo (Vin Jaune, da uva savagnin).

Nel caso invece di questa bottiglia del Domaine Labet abbiamo un prodotto piuttosto atipico, non tanto per il vitigno (Chardonnay) quanto per lo stile: paglierino acceso, con al naso immediate note “strane”, e sfido chiunque a riconoscere lo Chardonnay.

Denominazione: Cote du Jura
Vino: La Bardette
Azienda: Domaine Labet
Anno: 2014
Prezzo: 30 euro

Aromi sono decisamente funky si aprono sopra ad un impianto aggrumato e salmastro: la nota animalesca, oltretutto trasportata da una leggera volatile, non è proprio da manuale della finezza sebbene mantenga una certa piacevolezza.

L’assaggio è nettamente citrino, di grande acidità e sapidità; colpisce una netta somiglianza ad un lambic: l’acidità e il brett vanno a braccetto con il cuoio e la classica definizione Kuaskiana delle “vecchie carte da gioco”. Il corpo è nella media e il finale non particolarmente lungo.

Alla fine dei conti abbiamo una bottiglia curiosa, per certi degustatori quasi inaccettabile e magari entusiasmante per altri; il mio parere è nel mezzo: quelli che in altri casi sarebbero difetti, qui riescono ad amalgamarsi in un bicchiere tutto. sommato dinamico e gradevole.
Certo non un grande vino e non consigliabile a tutti: lo trovò un aperitivo divertente e inusuale, estivo, degno accompagnamento rinfrescante a torte di verdura e magari a formaggi caprini giovani a pasta molle

Il bello:  Inusuale, fresco, divertente

Il meno bello: Troppo caro, aromi rustici

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Elenco dei vini italiani con Denominazione di Origine

Nonostante l’anzianità e la sostanziale mancanza di revisioni, le sezioni dei sito che trattano della didattica per gli esami AIS sono sempre e di gran lunga le più frequentate.

Una delle domande ricorrenti dei visitatori è sugli appunti del secondo livello, quello riguardante le regioni e le denominazioni: i riassunti che avevo fatto a suo tempo non erano del livello qualitativo secondo me accettabile per la pubblicazione e di conseguenza non li ho mai resi disponibili.
Pensavo di metterli a posto pian piano, ma gli anni sono passati, il lavoro da fare per mettere a posto il materiale è significativo e sinceramente mi manca il tempo.

Quindi ho deciso di provare a procedere per step: oggi metto in linea questo elenco ricercabile e ordinabile di tutte le DOC e DOCG (dovrebbe essere aggiornato, nel caso di errori fatemi un fischio).
Se troverò voglia e tempo libero procederò in futuro ad arricchire la tabella con altre informazioni.

Resta sempre valida la richiesta fatta all’inizio di questa avventura: se qualcuno di voi lettori candidati sommelier (o neo-sommelier), o degustatori o relatori ha materiale ben fatto, sarebbe bello se me lo mandasse.
Io provvederò a pubblicarlo con i vostri crediti e faremo cosa utile a tutti gli appassionati.

RegioneDenominazioneVino
ABRUZZODOCVillamagna
ABRUZZODOCOrtona
ABRUZZODOCTerre Tollesi
Tullum
ABRUZZODOCTrebbiano d'Abruzzo
ABRUZZODOCControguerra
ABRUZZODOCCerasuolo d'Abruzzo
ABRUZZODOCGMontepulciano d'Abruzzo Colline
Teramane
ABRUZZODOCAbruzzo
ABRUZZODOCMontepulciano d'Abruzzo
BASILICATADOCGrottino di Roccanova
BASILICATADOCTerre dell'Alta Val d'Agri
BASILICATADOCGAglianico del Vulture Superiore
BASILICATADOCMatera
BASILICATADOCAglianico del Vulture
CALABRIADOCBivongi
CALABRIADOCCir•
CALABRIADOCMelissa
CALABRIADOCLamezia
CALABRIADOCScavigna
CALABRIADOCTerre di Cosenza
CALABRIADOCSavuto
CALABRIADOCGreco di Bianco
CALABRIADOCS. Anna di Isola Capo Rizzuto
CAMPANIADOCAversa
CAMPANIADOCIschia
CAMPANIADOCCampi Flegrei
CAMPANIADOCCapri
CAMPANIADOCGTaurasi
CAMPANIADOCCasavecchia di Pontelatone
CAMPANIADOCCastel San Lorenzo
CAMPANIADOCSannio
CAMPANIADOCCilento
CAMPANIADOCGGreco di Tufo
CAMPANIADOCFalanghina del Sannio
CAMPANIADOCFalerno del Massico
CAMPANIADOCGAglianico del Taburno
CAMPANIADOCCosta d'Amalfi
CAMPANIADOCIrpinia
CAMPANIADOCGFiano di Avellino
CAMPANIADOCGalluccio
CAMPANIADOCPenisola Sorrentina
CAMPANIADOCVesuvio
EMILIA ROMAGNADOCColli Romagna centrale
EMILIA ROMAGNADOCReggiano
EMILIA ROMAGNADOCColli d'Imola
EMILIA ROMAGNADOCColli di Faenza
EMILIA ROMAGNADOCColli di Parma
EMILIA ROMAGNADOCColli di Rimini
EMILIA ROMAGNADOCColli di Scandiano e di Canossa
EMILIA ROMAGNADOCColli Piacentini
EMILIA ROMAGNADOCGutturnio
EMILIA ROMAGNADOCOrtrugo dei Colli Piacentini *
Ortrugo - Colli Piacentini *
EMILIA ROMAGNADOCRomagna
EMILIA ROMAGNADOCGRomagna Albana
EMILIA ROMAGNADOCReno
EMILIA ROMAGNADOCGColli Bolognesi Classico Pignoletto
EMILIA ROMAGNADOCModena
di Modena
EMILIA ROMAGNADOCLambrusco Salamino di Santa Croce
EMILIA ROMAGNADOCLambrusco Grasparossa di Castelvetro
EMILIA ROMAGNADOCColli Bolognesi
EMILIA ROMAGNADOCLambrusco di Sorbara
EMILIA ROMAGNADOCBosco Eliceo
FRIULI VENEZIA GIULIADOCFriuli Latisana
FRIULI VENEZIA GIULIADOCCarso
Carso - Kras
FRIULI VENEZIA GIULIADOCFriuli Grave
FRIULI VENEZIA GIULIADOCFriuli Colli Orientali
FRIULI VENEZIA GIULIADOCFriuli Aquileia
FRIULI VENEZIA GIULIADOCGColli Orientali del Friuli Picolit
FRIULI VENEZIA GIULIADOCFriuli Isonzo
Isonzo del Friuli
FRIULI VENEZIA GIULIADOCCollio Goriziano
Collio
FRIULI VENEZIA GIULIADOCGRosazzo
FRIULI VENEZIA GIULIADOCFriuli Annia
FRIULI VENEZIA GIULIADOCGRamandolo
FRIULI VENEZIA GIULIA
VENETO
DOCLison-Pramaggiore
FRIULI VENEZIA GIULIA
VENETO
DOCProsecco
FRIULI VENEZIA GIULIA
VENETO
DOCGLison
LAZIODOCCesanese di Olevano Romano
Olevano Romano
LAZIODOCEst! Est!! Est!!! Di Montefiascone
LAZIODOCCesanese di Affile
Affile
LAZIODOCMontecompatri Colonna Montecompatri
Colonna
LAZIODOCGenazzano
LAZIODOCCerveteri
LAZIODOCGFrascati Superiore
LAZIODOCColli della Sabina
LAZIODOCGCesanese del Piglio
Piglio
LAZIODOCCastelli Romani
LAZIODOCAprilia
LAZIODOCTerracina
Moscato di Terracina
LAZIODOCAleatico di Gradoli
LAZIODOCGCannellino di Frascati
LAZIODOCRoma
LAZIODOCZagarolo
LAZIODOCNettuno
LAZIODOCColli Albani
LAZIODOCVelletri
LAZIODOCMarino
LAZIODOCBianco Capena
LAZIODOCCirceo
LAZIODOCTarquinia
LAZIODOCFrascati
LAZIODOCColli Lanuvini
LAZIODOCCori
LAZIODOCAtina
LAZIODOCColli Etruschi Viterbesi
Tuscia
LAZIODOCVignanello
LAZIO
UMBRIA
DOCOrvieto
LIGURIADOCColline di Levanto
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Cinque Terre Sciacchetr…
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Dolceaqua
LIGURIADOCGolfo del Tigullio - Portofino
Portofino
LIGURIA
TOSCANA
DOCColli di Luni
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Buttafuoco
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Sfursat di Valtellina
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Garda Bresciano
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Sangue di Giuda
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LOMBARDIA
VENETO
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LOMBARDIA
VENETO
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MOLISEDOCMolise
del Molise
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Pietranera 2014, De Bartoli

Da Pantelleria e da uve Zibibbo ci si aspetta qualcosa di diverso dal passito?
Normalmente no, ma a casa De Bartoli sanno e vogliono stupire, quindi ecco appunto uno Zibibbo 100%, vinificato in secco con uva da vigne ad alberello di oltre sessanta anni di età che insistono su suolo vulcanico. Le rese sono, ovviamente, bassissime.
A seguire, criomacerazione, pressatura soffice e fermentazione in acciaio grazie ai lieviti indigenti; si tratta quindi di un ibrido particolare di antica fattura in vigna e di qualche “malizia” tecnologica in cantina.

Denominazione: Terre Siciliane IGP
Vino: Pietranera
Azienda: Marco De Bartoli
Anno: 2014
Prezzo: 20 euro

Se l’idea affascina, il bicchiere tutto sommato non delude ma neppure entusiasma, presentandosi con un paglierino carico di avvolgente educata aromaticità dove la sensazione morbida di lyci e di salvia è molto presente senza per fortuna sfondare il livello di guardia. A contorno, qualche accenno di macchia mediterranea e persino un ricordo ad un giovane riesling.

L’assaggio veicola l’alcol in maniera quasi impercettibile, e anche l’acidità è decisamente contenuta.
Quando pensi che ok, è un “vinino che non c’è la fa” e pazienza, arriva una buona botta salina che rimette in piedi il tutto; si chiude con un richiamo amarognolo che dona spessore e personalità e con una inaspettata lunghezza.

Vino particolarissimo, solo in parte mediterraneo visto che per certi versi inganna con sensazioni nordiche, comunque personale ma di abbinamento non facile: forse crostacei o magari il salmastro delle ostriche da contrastare con la morbidezza.

Il bello:  Inconsueto e leggero, facile da bere

Il meno bello: Mancano un po’ di acidità e di grinta

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